Francesi e tedeschi hanno annunciato l’avvio di un “gruppo di lavoro” destinato a far sì che i due paesi si presentino con proposte comuni al vertice europeo del prossimo ottobre. L’esistenza stessa di quella sede equivale alla liquidazione del peso politico di tutti gli altri. Considerato che l’Italia è il terzo grande fondatore della Comunità, poi divenuta Unione, per noi e per il nostro governo è uno smacco. Diciamo che se a palazzo Chigi ci fosse ancora il predecessore di Monti i giornaloni e i pensatori non esiterebbero a parlare di esclusione, se non direttamente di umiliazione. Ma lasciamo perdere il folklore nostrano e guardiamo alla sostanza.
Quando era in corso la campagna elettorale francese sostenni che si doveva tifare per François Hollande, se non altro perché Angela Merkel non solo tifava, ma faceva campagna elettorale per Nicolas Sarkozy e la loro comune politica avrebbe portato l’Ue al disastro. Passata la soddisfazione di vedere detronizzato chi irrise l’Italia (chi irride il nostro governo irride l’Italia, se a presiederlo c’è chi è stato eletto dagli italiani) è bene chiedersi: la ritrovata alleanza ha le stesse caratteristiche della precedente? Deve essere vista con sospetto o con serenità? La risposta non può essere immediata, perché, al di là delle dichiarazioni di rito, quella nuova alleanza per ora non c’è. C’è solo il desiderio di Francia e Germania di non subire effetti negativi dalla speculazione che ha messo in grave difficoltà altri europei.
I due potenziali contraenti hanno posizioni e interessi divergenti, che è possibile comporre solo nel quadro di una più forte integrazione europea. Ed è questo il punto sul quale si sta lavorando. Hollande e Merkel hanno ricevuto, nei giorni scorsi, Antonin Saramas, capo del governo greco. Il cerimoniale ha reso fedelmente la gerarchia: Saramas è andato a riferire al capo dell’Ue, che benché formalmente inesistente si chiama Merkel, salvo poi continuare la discussione con il suo vice, Hollande. Gli altri stanno a guardare, il che già testimonia la pessima salute dell’Unione. I due governanti che hanno preso in mano l’Ue hanno detto: la Grecia deve rimanere nell’euro. Ma non sono riusciti a spiegare come, se non intimando a Saramas di uniformare il suo governo alle decisioni altrui. Quindi si potrebbe raccontarla in modo diverso: l’euro deve essere salvato, ma a spese di chi è finito nel mirino della speculazione. I bersagli, del resto, noi compresi, hanno le loro colpe (sulle nostre ci soffermiamo di continuo e non abbiamo il diritto né di dimenticarle né di scaricarle su altri), ma è evidente che una simile linea politica manca di realismo e porta alla rottura della moneta unica.
Si può fare diversamente? Sì, ma questo comporta la ridiscussione di due punti, sui quali francesi e tedeschi hanno posizioni divergenti: non è possibile considerare l’euro un marco messo a disposizione degli altri e la Banca centrale europea una succursale dipendente dalla Bundesbank, ma neanche è possibile immaginare forme di federalizzazione del debito (ce ne sono diverse, tecnicamente possibili) che non comportino cessione ulteriore di sovranità. Sul primo punto resistono i tedeschi, sul secondo i francesi, posto che il primo vede nei francesi degli oppositori e il secondo ha i tedeschi fra i fautori. L’annuncio del “gruppo di lavoro” equivale a dire: ce la vediamo fra di noi. Lo scrivo nuovamente: per gli altri governi è un brutto colpo.
Il guaio è che in diversi, compresa l’Italia del governo Monti, sono prima corsi a mettersi sotto l’ala protettiva dei tedeschi, salvo accorgersi che non solo non proteggeva affatto, ma, anzi, il sistema produttivo tedesco provava il colpo gobbo di fregare il nostro, a quel punto si sono rivolti ai francesi, proponendo una specie di fronte latino, da opporre alla Merkel. Non ha funzionato, perché i francesi, a loro volta, hanno bisogno dei tedeschi per proteggere le loro banche, conciate in modo assai più disastrato delle nostre. Siamo, dunque, in un vicolo cieco? Non è detto.
Se la signora Merkel userà il rapporto con Hollande in modo da far valere, nel proprio Parlamento e fra i propri elettori, l’idea che un nuovo trattato, quindi un’Unione più integrata, siano non solo convenienti, ma anche l’unico modo per conservare alla Germania il ruolo di guida, senza riconsegnarla all’incubo egemonico che la perda, per la terza volta in un secolo, e se Hollande saprà usare il rapporto con la Merkel per spiegare ai francesi che isolati vanno al massacro, mentre la cessione di sovranità sarà lo strumento per esercitarne una più vasta e potente, europea, se queste due combinazioni virtuose s’incontrassero sarebbe, finalmente, una buona notizia.
La partita è aperta, dunque. Fa rabbia che gli italiani non siano né in campo né in panchina, ma fra il pubblico pagante.