Corrado Calabrò, presidente dell’autorità di garanzia per le comunicazioni, ha uno spiccato senso dell’umorismo. Ha detto, nell’annuale, rituale e ripetitiva relazione al Parlamento che la riforma della Rai è urgentissima e non procrastinabile, perché l’azienda è “paralizzata da spinte e controspinte politiche”.
Solo un mattacchione può far finta di non sapere che la Rai è sempre stata così, e solo perché è così se la tengono. Tutti pronti a scaricare sul mammellone equino i propri bisogni ed i propri desideri. La Rai è l’incarnazione della lottizzazione spartitoria, non la vittima dei politici. Le vittime sono altri, siamo noi tutti che ci tocca pagare una tassa per tenere in piedi la gran torta catodica.
L’autorità di Calabrò, del resto, che ci sta a fare? Qui abbiamo denunciato gli abomini commessi nel tentativo (spesso coronato da successo) d’estorcere soldi agli italiani, abbiamo parlato dello scandalo d’intimazioni mandate, alternativamente e con il medesimo scopo, ora su carta intestata della Rai ed ora su quella dell’Agenzia delle entrate. Abbiamo evidenziato come neanche il piano delle frequenze è rispettato ed a violare la legge dello Stato è un’azienda dello Stato. Non è successo nulla. Zero. Talché io dubito sia dell’autorità che della garanzia.
Dice Calabrò che è in atto una pericolosa tendenza a raccontare i fatti di cronaca “con l’occhio rivolto all’audience”, ovvero in modo spettacolare, e che c’è da preoccuparsi per i processi oramai celebrati in televisione, con le sentenze, quelle vere, che risultano le meno attendibili e comunque tardive. Ma in che mondo s’era addormentato? Forse gli hanno appena regalato un televisore, o forse dato da leggere la relazione di dieci, o anche venti, anni fa.
La Rai non ha bisogno d’essere riformata, ma venduta. Farlo subito sarebbe un bene per il mercato delle comunicazioni e farebbe incassare allo Stato soldi che presto non esisteranno più, perché con la digitalizzazione, quella vera, non la bubbola del terrestre, la Rai sarà solo un dinosauro diroccato e costoso, colmo di vecchie glorie ed eterni raccomandati. Scusate, allora, la sinteticità e brutalità di queste parole, ma c’è un limite antitrust anche alle prese in giro, e ci sono autorità burocratiche che abusano spudoratamente della dominanza in materia.