Economia

Meno Stato più servizi

Meno Stato più servizi

Si può tagliare la spesa pubblica mirando al risparmio e si può farlo avendo in mente uno Stato che costi meno. Che lasci più ricchezza alla libertà di cittadini e sistema produttivo, abbassando le tasse e invadendo meno la vita collettiva. Tutte e due gli approcci vanno nella direzione giusta, ma il secondo conduce più lontano.

Enrico Bondi è una persona seria, sicché mi rifiuto di credere a quel che leggo, ovvero che le sue proposte dei tagli, ad esempio nel settore sanitario, s’incentrerebbero attorno all’opportunità di rendere omogenei i prezzi e le quantità degli acquisti fatti da diverse amministrazioni. Mi rifiuto perché questa è roba che abbiamo scritto qualche centinaio di volte, fra libri e articoli, aggiungendo soluzioni dettate dal più banale buon senso. Mi rifiuto perché per porre ordine nella spesa attuale, senza cambiare il sistema complessivo, non avrebbe sentito la sola persona davvero utile: Maurizio Bortoletti, colonnello dei Carabinieri e commissario dell’asl di Salerno. Se si vuol risparmiare, al tempo stesso moralizzando, non vedo come si possa far meglio di quanto Bortoletti ha già dimostrato: diminuendo la spesa, recuperando beni già acquistati e mai utilizzati e regolarizzando i pagamenti. Abbiamo raccontato questa storia, sebbene con la sintesi che un quotidiano richiede. Spero l’abbiano letta.

I tagli alla spesa pubblica possono e devono essere l’occasione non solo per risparmiare, ma anche per riformare. Il sistema sanitario regionalizzato è un fallimento. Si può risparmiare a legislazione vigente, ma si può anche prenderne atto e cambiare organizzazione. La sanità gratis per tutti, a prescindere dal fatto che molti sono assicurati e, quindi, pagano due o tre volte la stessa cosa, salvo che l’apparato pubblico paga per tutti, è una scemenza. Costosissima. La distruzione della libera professione medica, con la trasformazione di tutti in impiegati del sistema sanitario non-nazionale, ha inaridito la medicina di base e ingolfato i pronto soccorso di gente che chiede d’essere visitata. Questo capolavoro della riforma Bindi (Rosy) va cancellato. Insomma: anziché mettere i soldi al servizio della conservazione di quel che non funziona si mettano i tagli al servizio del cambiamento, indirizzando un pezzo di spesa pubblica verso la promozione di idee e tecnologie innovative made in Italy.

Discorso analogo vale per la scuola: la didattica digitalizzata diminuisce la spesa cumulata di Stato e famiglie, consentendo miglior controllo comparativo della qualità. Ciò comporta, però, la fine non solo dei libri di testo cartacei (i libri lo saranno sempre, ma non quelli con gli esercizi e le lezioni), ma anche dell’ipocrisia dilapidante che li vuole obbligatoriamente sia stampati che digitali. In quel modo la spesa aumenta, anziché diminuire. Avete mai sentito di un’azienda che digitalizza le procedure aumentandone i costi? E’ vero il contrario, e deve essere vero anche per la pubblica amministrazione. Così come può essere vero per la giustizia: tutti gli atti in digitale, fine delle tonnellate di faldoni che fanno avanti e indietro, fine della geremiade sui soldi che mancano per la carta della fotocopiatrice. Mi dispiace per i “camminatori”, ma neanche tanto, perché ci costa meno mandarli a passeggiare nei parchi.

Immagino Bondi si sia reso conto di quel che qui predichiamo inutilmente: è molto più difficile tagliare la spesa pubblica restando nella logica dell’attuale sistema che mettere i quattrini in investimenti che lo abbattano. Se la spending review non approda a questo sarà solo tempo perso. Così come lo è stata fin qui e nel corso degli anni, quando ancora non s’era diffuso il suo nome in inglese. La digitalizzazione consente quel che ieri era impossibile: meno Stato e più servizi. Ma presuppone cessione di competenze al mercato e snellimento brutale delle procedure.

Si dirà: in questo modo va a finire che i tagli alla spesa diventano la riforma dello Stato. Esattamente. E’ il solo modo per trasformare una tortura in un beneficio. Il commissario al taglio della spesa, l’ottimo Bondi, ci faccia il regalo di non concludere la sua attività dicendoci quello che abbiamo già scritto. Il moralismo della spesa è come il moralismo fiscale, serve solo a renderci, in un sol colpo, più poveri e più ingiusti.

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