Economia

Monopolisti di sinistra

Monopolisti di sinistra

L’ingresso di Enel in Tele+ merita un’attenzione particolare, visto che solleva tre, delicati, ordini di problemi.

1. L’Enel è una società statale e non c’è nessunissima possibilità, nel prossimo futuro, che venga venduta a privati. Il che significa che una società dello Stato entra nel settore della televisione a pagamento.

Il commissario Monti si è rallegrato per il fatto che tale settore già vede due competitori (Tele+ e Stream) all’opera. Farà bene a riflettere sul fatto che la televisione a pagamento non è un mercato chiuso e non comunicante, ma solo un segmento del più vasto mercato televisivo. In questo più vasto mercato lo Stato è già presente con la posizione dominante di Rai. Sommando la Rai all’Enel (somma assolutamente legittima, visto che il proprietario è il medesimo) si scopre una posizione che l’infame legge Mammì avrebbe considerato fuorilegge. Fortuna che la sinistra ha fatto subito delle lungimiranti riforme.

2. L’Enel non è solo una società pubblica, è anche una società monopolista. Grazie alle rendite da monopolio sbarca in mercati che solo da poco si sono aperti alla concorrenza. Adesso basta che la Rai scopra che avendo una rete le conviene distribuire energia elettrica ed è anche nelle condizioni di fornire servizi di telecomunicazioni, per tornare al bel tempo antico. Per chiudere con i monopoli e lo statalismo si consente alle aziende statali di andare ad occupare gli spazi che altre aziende statali lasciano liberi, o non riescono ad occupare. Mica male.

3. Tele+ è stata creata dal gruppo Fininvest, e per ciò stesso additata, da certo conformismo disinformato, ad esempio di illegalità ed infamia. Poi è finita nella mani dei francesi di Canal Plus, ribaltando la situazione e divenendo una coccolata creatura della sinistra di governo. Tanto la si ama, questa creatura riverginata, che le si fornisce una bella iniezione di capitali pubblici.

Da questa storia possono trarsi diverse morali, e ciascuno scelga quella che più gli aggrada. Quel che dimostra, però, è che il mercato italiano, ad onta di tante strombazzate aperture, rimane legato ad una realtà economica che non c’è più. Il che non significa che la politica riuscirà a far vincere la conservazione, o, addirittura, la reazione. Significa che, com’è già avvenuto ed avviene, capitali stranieri verranno a cogliere le occasioni migliori. Ed in questo c’è del bene e c’è del male.

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