Se non paghi un debito il creditore ha diritto di rivalersi. Se non paghi il mutuo ti portano via la casa. E’ il mondo dell’ovvio. Ci manca solo che io chieda dei soldi in prestito, con quelli compro la casa o quel che mi pare, non onoro i miei impegni e, quando vengono a rivalersi, comincio a urlare: giù le mani dalla mia casa. Sono io che ho messo le mani sui soldi altrui. Del resto: questa è la norma da sempre vigente in Italia (tanto che i pignoramenti superano i 50mila all’anno, purtroppo in crescita). Allora, cosa è successo e cosa si dovrebbe fare?
Succede che, strutturando il mercato bancario europeo, sia stata elaborata una direttiva tesa ad omogeneizzare le procedure di rischio, per il futuro. Ma prima di dare sempre la colpa ai cattivoni europei, meglio rivolgere lo sguardo ai furbacchioni nostrani. Il problema, nel nostro diritto interno, non è dopo quante rate non pagate il mutuatario è da considerarsi inaffidabile (sono 7 anche oggi, neppure consecutive), ma che: a. esiste già una norma che consente di sospendere il pagamento per 18 mesi; b. un bene non cambia proprietario senza che l’inadempimento contrattuale sia stato accertato e sanzionato da un soggetto terzo. Il problema, insomma, sta nel contrasto fra i 7 mesi e i 18 di possibile sospensione, come anche nel fatto che non si può concedere al creditore di farsi giustizia da sé (avete idea di cosa potrebbe capitare? ce lo ricordiamo che il più ritardatario dei debitori è lo Stato?). Il fatto che si tratti delle banche, inoltre, aggrava la faccenda, visto che abbiamo contezza di sportelli presso i quali si sono fatti firmare moduli falsificati e venduti prodotti non vendibili (leggere “Rischio banche”, di Leopoldo Gasbarro, è istruttivo). Ma questo principio, secondo cui la banca si porta via la casa senza passare dal giudice, è nella direttiva europea? No, non c’è.
Ed è la seconda volta in poche settimane, che il governo prova a ovviare all’inefficienza della giustizia non cambiandola, ma aggirandola. Prima con i truffati, che secondo la bislacca impostazione governativa dovrebbero essere rimborsati senza che si sia mai individuato un truffatore. Per forza che sono in ritardo, è una sciocchezza. Ora con i pignoramenti.
Come la moneta buona scaccia la cattiva, i comportamenti devianti, se non puniti, deviano quelli retti. Fra i debitori che non pagano ci sono i bisognosi, ma anche i lestofanti. Una banca che non può escutere le garanzie, al ricorrere dei mancati pagamenti, o fallisce o smette di prestare i soldi, ma fra le banche che hanno crediti deteriorati ce ne sono che hanno prestato soldi agli amichetti. Il nostro dramma è sempre lo stesso: se la giustizia non funziona non distingui gli uni dagli altri, finendo con il favorire i peggiori. E’ inammissibile che ci voglia la media di 7 anni per vendere un bene posto a garanzia di un debito non onorato. Ma la soluzione non può consistere nell’aggirare la giustizia e imboccare la via dell’automatismo. Anche perché o lo legittimi scrivendo che scatta solo quando c’è il consenso fra le parti (che è di una banalità divertente), o sarà a sua volta considerato illegittimo, sebbene con un ritardo settennale.
Allora, cosa si può fare? Oltre a far funzionare la giustizia: a. incentivare la ristrutturazione dei debiti, laddove il cliente sia solo in difficoltà; b. rendere interoperabili le banche dati, talché il cattivo pagatore seriale divenga inaffidabile per l’intero sistema. E smetterla con queste furbate incoscienti.
Pubblicato da Libero