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editoriale giaclaone 13 febbraio

Patrimoni, risparmi e salari sono temi importanti e che riguardano tutti. Sarebbe saggio non accontentarsi degli slogan e approfondire come si possa coronare la legittima aspirazione a migliorare il proprio tenore di vita. Intanto uscendo dalla trappola del credere che tutto sia immediato e tutto al tempo presente. Perché la fucina della ricchezza sia attiva occorre che il fuoco sia profondo e stabile, né alimentato con la paglia né spento da un acquazzone.

Utilissimi i dati sul patrimonio netto degli italiani, elaborati dalla Banca d’Italia partendo dai dati Istat (e meritoriamente messi in evidenza da “Il Sole 24 Ore”). Nel 2005 il patrimonio netto (vale a dire detratte le passività, ad esempio il valore della casa meno il debito del mutuo) medio delle famiglie italiane era assai più alto di quello delle famiglie francesi o tedesche. Nel 2009 era più alto di tutti, anche degli statunitensi, avendo giocato un ruolo protettivo la maggiore presenza dell’immobiliare (le case), meno esposto ai crolli finanziari. Ma nel 2022 francesi e tedeschi ci avevano superato e oggi il loro patrimonio netto è ben maggiore. Lo si constata nel presente in cui noi (sebbene poco) continuiamo a crescere mentre i tedeschi si trovano in recessione, risultando evidente che la realtà odierna non si spiega con quel che accade oggi ma con quel che accadde prima. È un punto importantissimo, perché legare quel che è maturato negli anni – per vantarsene o deprecare – al nome del governo di turno è una corbelleria.

Il sorpasso è avvenuto nel 2016 per quel che riguarda i francesi e nel 2019 per quel che riguarda i tedeschi. Ma la riduzione delle distanze era cominciata ben prima. Ed è avvenuto perché l’Italia cresce assai meno degli altri da troppi anni, con l’eccezione dei tre post pandemia. Ecco uno degli elementi rilevanti: oggi il valore del patrimonio immobiliare è sceso sotto il 50% del patrimonio complessivo (comunque rilevante), ma un terzo dei mezzi finanziari – i quattrini – stagna nei conti correnti bancari. Mentre i due terzi variamente investiti si trovano in gran parte in fondi che investono all’estero e in titoli di Stato che finanziano la spesa pubblica e il costo del debito, ma non la produzione. Abbiamo molto risparmio, ma non lo usiamo per crescere. Quindi vanno create le condizioni per farlo.

Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta in queste ore ha detto, fra le altre, due cose: occorre far scendere il debito pubblico e alzare i salari. La seconda ha avuto più spazio della prima, ma sono legate. I salari devono recuperare le perdite prodotte dall’inflazione. La sede adatta è il rinnovo contrattuale, posto che su 976 contratti collettivi ben 553 sono scaduti. Ma il recupero del potere d’acquisto perso – che oggi comporta, secondo Panetta, un minore rischio inflattivo – non è il recupero del terreno perso rispetto alla dinamica dei salari in altri Paesi europei. Per ottenere la seconda cosa si deve operare sulla produttività e sulla compartecipazione pubblico-privato agli investimenti.

Ecco perché deve scendere il debito pubblico: per evitare che il risparmio (in una parte rilevante) sia messo al servizio del suo costo. Dal che discende che avere scelto, per anni, di far crescere il debito e la spesa pubblica che finanziava il non lavoro ha impoverito gli italiani e fatto scendere il loro patrimonio netto. E sarebbe stato incredibile il contrario. Se voti a favore di più rendite e meno concorrenza, più assistenzialismo e meno investimenti ti impoverisci. E non è colpa del destino o degli altri, ma tua. Se vuoi più patrimonio netto comincia a nettare la mente dalle panzane irresponsabili.

Oggi abbiamo lo strumento del Pnrr, finanziato dall’Unione europea, per richiamare alla collaborazione capitali pubblici e privati. E abbiamo gli impegni presi prima di tutto con noi stessi (nella legge di bilancio) per la riduzione del debito. Per vederne gli effetti ci vorrà del tempo, per ora godiamoci quelli della politicamente condivisa dilapidazione.

Davide Giacalone, La Ragione 13 febbraio 2024

www.laragione.eu

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