Economia

Patto generazionale

Patto generazionale

Non posso che compiacermene: ora sono in molti, dovendosi occupare delle pensioni, a ricordarsi che esistono gli interessi dei giovani. Quando questa lunga polemica è cominciata eravamo piuttosto solitari. Solo che, adesso, ci si deve difendere dalle formule vuote, quelle che suggestionano

e non significano assolutamente nulla, tipo “patto generazionale”. La riforma varata dal centro destra (lo scalone) era troppo poco e troppo tardi. Se si vogliono tutelare gli interessi dei giovani non si tratta di tornare indietro solo un pochino o un pochino più qualche cosa, ma di andare avanti, di seguire la via già imboccata dal resto d’Europa.
Perché un sistema pensionistico basato sulle contribuzioni funzioni, occorre che i lavoratori possano risparmiare. E perché sia efficiente occorre che ci siano fondi in competizione fra loro. Se i lavoratori devono portare sulle loro spalle il costo delle pensioni altrui, più il carico fiscale per mantenere in squilibrio i conti pubblici scassati, e se ai fondi privati si sostituiscono quelli sindacalizzati, il sistema non funzionerà mai e, a dispetto delle chiacchiere sui patti generazionali, i giovani s’avviano al patibolo previdenziale.
Ogni annacquamento dello “scalone”, quindi, va nella direzione sbagliata. Certo, non si possono tenere limiti temporali fissi, a prescindere dal tipo di lavoro che si svolge, ed è il tema dei lavori “usuranti”: chi lavora in miniera non può restarci quanto chi fa il guardiano del faro. Però, attenzione, quando si legge che secondo certi sindacalisti (tipo Angeletti) è da considerarsi lavoro usurante quello delle maestre d’asilo, giacché ci si rimette la salute nel tenere a bada i discoli, si ha l’impressione di vivere fra gli irresponsabili. Se a quei bambini si facesse sapere che toccherà a loro mantenere l’ex maestra, ritiratasi dall’usurante lavoro quando le restano da vivere la metà dei suoi giorni, c’è da scommettere che la disciplina, in classe, ne risentirebbe.
Il guaio dei sindacati è che, oramai, rappresentano gli interessi di pensionati e lavoratori pubblici, che sono certamente interessi degli e legittimi, ma per niente coincidenti con quelli della più generale categoria dei lavoratori, e, comunque, quasi opposti a quelli di chi nel mondo del lavoro deve entrarci. Il compito della politica, ove fosse degna del nome, è quello di scegliere, avendo in mente un modello di convivenza civile, se, invece, si limita a mediare con il bilancino fra gli interessi corporativi, avendo in mente la propria mera sopravvivenza, state sicuri che qualcuno pagherà il conto. E sono gli stessi con cui si vuol fare il patto per il futuro. Se solo capiscono, so già dove proporranno di riporlo, il patto.

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