Quello delle pensioni è un cantiere sempre aperto, un tira e molla straziante, una fucina di illusioni da scambiare con i consensi elettorali, un riassunto della miopia di quanti credono sia possibile barattare un vantaggio proprio con uno svantaggio collettivo che rischia di far saltare il banco. I criteri che dovrebbero ispirare un sistema equo e sano sono due: 1. nessuno deve potere andare in pensione portando a casa un regalo fatto a spese di altri lavoratori; 2. tutti devono poterci andare quando lo ritengono più opportuno per sé stessi, ma esclusivamente sulla base dei contributi versati. Che sono un patrimonio del lavoratore, mentre non esiste alcun diritto a esigere da altri regali che diventano oneri per chi resta a lavorare e contribuire.
L’Inps fa sapere che la situazione patrimoniale dell’Istituto passerà da +23 miliardi nel 2023 a -45 miliardi nel 2032. Il sistema è indirizzato verso la bancarotta ma ciascuno – ivi compresi editori dei giornali e giornalisti – pensa di potergli accollare i propri fallimenti e sperperi. E il lato drammatico non sono solo i numeri, che parlano chiaramente, ma l’impossibilità di trovare ascolto e consenso se da quei numeri si fa discendere non l’austerità, ma la serietà. Un eterno cantiere indirizzato a consumare e distribuire oggi quel che non si sarà in grado di mantenere e pagare domani. Per forza che, in queste condizioni, la politica si faccia disputando sul passato, raramente sul presente e mai ragionando del futuro.
Davide Giacalone, La Ragione 21 giugno 2024