Economia

Pietà bancaria

Pietà bancaria

E’ una classe dirigente in stato confusionale, quella che s’incaponisce a reclamare una sospensione, un rinvio delle nuove norme sulle risoluzioni bancarie, note anche come bail in. Chiedono quel che non otterranno, fornendo un alibi a chi, come i tedeschi, conta sulle debolezze altrui per sfuggire agli obblighi contratti. La volta in cui ci converrebbe invocare il rigoroso rispetto delle regole, ci si produce in uno sciocco uggiolare, sperando che siano cancellate. Politici, banchieri, cattedre, ancora una volta in ritardo di comprendonio.

Leggo e rileggo che le nuove regole sarebbero avventurose, perché in caso di fallimento di una banca colpiscono chi ne ha comprato le azioni. In quale mondo gli azionisti dei falliti non ci rimettono il capitale investito? Ascolto voci accorate: non sia retroattiva la perdita di soldi in capo agli obbligazionisti subordinati. Ma, in caso di fallimento, quei titoli perdevano valore anche prima. Invece di dire scempiaggini, si abbia il coraggio di dire una cosa sensata: chi ha venduto quei titoli alle persone sbagliate è un truffatore che deve accomodarsi (dopo la sentenza) in galera. Tradimento della Costituzione, si ulula, perché anche i depositanti sopra i 100mila euro ci rimettono. Ma in quanti sono a cadere da codesto pero? Era così anche prima, perché i depositi erano assicurati fino a 100mila euro. La verità è che la classe dirigente è andata in bocca al bail in senza capirlo e occultandolo. Campano alla giornata e poi trapassano in una nottata. Ne parlavamo noi, ma sembravamo genovesi al bar.

Ora ci siamo. La novità è una sola: le banche possono fallire. Non solo non mi impressiona, ma penso che taluni falliti vadano anche condannati per bancarotta. Per difendere gli interessi collettivi, italiani, si deve ragionare all’opposto: il tavolo bancario europeo si regge su tre gambe, la prima è la vigilanza comune, e va benissimo (salvo che bisognerebbe farla valere per tutte le banche, senza eccezioni, neanche per le regionali tedesche), la seconda gamba è il meccanismo di risoluzione, che non contiene nulla di sconvolgente e istituisce il fondo comune cui ricorrere in ultima istanza, il che dovrebbe rassicurare, la terza manca, riguardando il fondo di garanzia dei depositi. Manca perché i tedeschi, a due terzi del cammino, hanno scoperto di volerci pensare.

Il gigante bancario malato, in Ue, è tedesco. Ma loro vogliono vedersela da soli, promuovendo il rimborso delle obbligazioni (lo proponemmo per certe banche italiane, parlando al vento). Al tempo stesso dicono di non volere versare un tallero se prima non ci sono regole comuni di diritto fallimentare. Cioè mai. Questo è il momento di dire: pacta sunt servanda, i patti si rispettano. Abbiamo votato noi, avete votato voi, conoscevamo il testo noi, lo conoscevate voi: fuori i soldi. E’ il momento di restituire pan per focaccia, visto che sul fronte del debito pubblico abbiamo tutti i possibili torti. Invece che fanno, quei quattro tremuli sbandati? Chiedono il rinvio. Per sistemare quattro beghe da sottoscala sacrificano un punto di vantaggio italiano, barattandolo con l’ennesima figura da tappetari. Invece d’indurirsi nell’imporre il rispetto delle regole, chiedo pietà. Ed è, forse, la sola cosa per la quale mostrano una certa vocazione.

Pubblicato da Libero

Condividi questo articolo