Economia

Pollicino bank

Pollicino bank

Per non fare interamente emergere le responsabilità di alcuni truffatori si finisce con l’avvalorare l’idea che quella bancaria sia tutta una truffa. In tema di rimborsi a quanti hanno acquistato azioni subordinate (delle quattro banche fallite) il governo si è, fin dall’inizio, avvitato in un errore appresso all’altro. Li segnalammo in anticipo. Ora avvertiamo che la presunta soluzione trovata non risolve un bel nulla.

1. La legge prevede che regole e modalità dei rimborsi siano stabilite entro 90 giorni dall’emanazione, ovvero entro il 30 di marzo. Il governo sostenne che avrebbe fatto tutto in pochi giorni, subito dopo l’epifania. Da allora è tutto un susseguirsi di: siamo pronti, ci siamo, eccolo. Invece la data ultima passerà con un nulla di fatto. Un nuovo decreto dovrà essere fatto e convertito. E ci vuol tempo.

2. L’impostazione iniziare era: saranno subito rimborsati i risparmiatori che sono stati truffati, comprando obbligazioni subordinate senza esserne consapevoli; le distinzioni sarebbero state fatte mediante arbitrati, officiati dall’Autorità anti corruzione. Osservammo subito che perché ci sia un truffato occorre che ci sia un truffatore, la qual cosa non la stabilisce un arbitrato, ma un processo penale. Inoltre, introdurre delle distinzioni avrebbe innescato i ricorsi di quanti si fossero visti esclusi dai rimborsi, con una alta probabilità di vittoria, mancando fondamento costituzionale al diverso trattamento.

3. Presi dalla disperazione hanno provato ad aggirare l’ostacolo: rimborsiamo tutti, in automatico. A parte il problema dei quattrini (ci arrivo subito), neanche questo può funzionare. Intanto perché se cancelli l’idea che truffatori specifici abbiano depredato truffati individuabili, ne deriva che i titoli stessi erano delle truffe. Che come sistema per far tornare la fiducia nel sistema bancario è come annegare per imparare a nuotare. Ma, comunque, anche il “tutti” ha un limite, escludendosi quelli che si sono serviti di intermediari. Ma non ha senso, perché fra chi ha agito in proprio possono esserci esperti speculatori. Perché mai rimborsarli? Tanto più che quando gli interessi venivano pagati, e incassati, nessuno li divideva con altri, per socializzare la goduria.

4. La dotazione iniziale era di 100 milioni, a carico del sistema bancario, ora dovrebbe essere di 300. Già si è in zona pericolo, visto che i soldi sono sì privati, ma disposti per legge. Quindi a rischio aiuti di Stato, proibiti. Più sono più il pericolo cresce. Quelle quattro banche hanno venduto obbligazioni subordinate per 786 milioni: 355 a investitori istituzionali, 431 a 12.459 privati. Di questi 10.599 sono clienti delle banche emittenti, per un valore di 329 milioni. Quindi, anche a volere fare finta che ci sia una via legittima per rimborsare solo questi, i 300 milioni, ovvero il triplo di quanto già stabilito, manco bastano.

5. Aggiungete che in quello sventurato decreto di novembre si stabilì  che i crediti deteriorati valessero il 17.6% del nominale. Solo che, osservammo allora, la legge sulle risoluzioni bancarie (bail in) stabilisce che dovrebbe essere un terzo indipendente ad accertarlo. Ora arriva la Banca d’Italia e dice: e chi lo ha detto che quello è il valore? Lo stabilisca un indipendente. C’è qualcuno che legge le leggi, fra quanti le scrivono per conto del governo?

6. Quel valore è essenziale, perché per rimborsare i danneggiati i soldi dovrebbero arrivare proprio dalla vendita di quella roba, mentre le quattro banche rinovellate si dovrebbero rivendere entro il 30 aprile. E neanche questo termine sarà rispettato.

La sola via retta era ed è quella stabilita dal diritto. Ne imboccarono una torta, sostenendo fosse una scorciatoia. Si sono smarriti. Al prossimo tentativo chiamino Pollicino, possibilmente senza mangiarli le molliche.

Pubblicato da Libero

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