Economia

Prevenzione bancaria

Prevenzione bancaria

Invece di giocare a scaricabarile, facendo sì che la ragione di ciascuno divenga il torto di tutti, sarà meglio accertare subito quanti altri azionisti e obbligazionisti inconsapevoli ci sono in giro. Dal prossimo primo gennaio non potranno più essere né salvati né aiutati, ma, una volta tanto, ci si potrebbe muovere in anticipo, disincagliando le posizioni critiche. E invece di avviare indagini penali su roba immaginifica, come l’induzione al suicidio, sarà meglio piantarla di far finta di non vedere la diffusione delle truffe allo sportello bancario.

I titoli emessi da una banca, come da una qualsiasi società, non si dividono in appropriati e inappropriati, ma in legali e illegali. Pur restando nella legalità, però, la vendita di determinati prodotti a determinati clienti segnala una anomalia. Pericolosa. Il giorno in cui, a Cortina, si vendessero più fucili subacquei che scarponi da sci, sarebbe più che saggio chiedersi cosa diamine stia succedendo. Quante banche hanno venduto proprie azioni e obbligazioni a soggetti incoerenti con quel genere di investimenti? Possiamo accertarlo non solo nel fare l’autopsia del morto, ma nel monitorare il vivo. Meglio avere dati che sensazioni. La paura è velenosa, quando si parla di risparmio. Quindi accendiamo la luce. Accertata la dimensione, proviamo a rompere il vincolo insano: il risparmiatore che cerca alti rendimenti, non sapendo o facendo finta di non sapere che comportano alti rischi, e la banca che usa la cupidigia altrui per alimentare la propria dissolutezza. Si può farlo aprendo una via d’uscita, capace di evitare il panico: riassorbire quei titoli e avviarne la resa a investimenti meno rischiosi, naturalmente scontando una perdita del loro valore. Chi rifiuta è libero di farlo, ma domani non venga a piangere per le perdite (anche perché non vengono mai a condividere la gioia dei guadagni). Per i clienti singoli, i piccoli risparmiatori, può provvedere direttamente la banca emittente. Per gli istituzionali serviranno veicoli e fondi specifici, che sono normali operatori di mercato, remunerati per i rischi che corrono. Ma è discorso del tutto diverso.

Ora leggete quanto mi scrive un imprenditore: “oltre a coloro che hanno comperato le azioni consapevolmente e a quelli che le hanno comperate inconsapevolmente (i più), ci sono quelli, come me, che sono stati obbligati a comprarle. Era prassi consolidata (mi creda siamo in tantissimi) che quando si andava in banca a presentare una qualsiasi operazione immobiliare, questa veniva vista favorevolmente e quindi deliberata a condizione, ovviamente non scritta, che si comprassero delle azioni della banca stessa. Addirittura ti davano loro i soldi per farlo, o ti facevano usare il fido personale”. Gli credo. Ho tolto i riferimenti alla persona e alla banca, anche perché lo stesso imprenditore aggiunge: “prove scritte di tutto ciò che le ho detto non ci sono oltre al fatto che spesso l’imprenditore, come il sottoscritto, ha impegni con l’istituto e ha paura di ritorsioni che non riuscirebbe a gestire”. Vuol dire che se ti metti contro la banca quelli ti chiedono subito di rientrare di tutte le esposizioni e ti rovinano.

Tale condotta non è in tutte le banche, ma è in troppe. Sono convinto che il nostro sistema bancario sia sano, ma questo non è un buon motivo per trascurare le parti malate. Invece di indagare l’ipotesi che qualcuno abbia spinto un disperato a impiccarsi sarà meglio indagare sull’esistenza di reati come quello descritto. Si può farlo incrociando i dati e descrivendo il profilo dell’azionista e del prestatore di soldi. Se si scopre che spesso sono gli stessi cui i soldi vengono prestati, la cosa puzza. E manco poco.

Leggo geremiadi vittimistiche circa il fatto che le banche di altri Paesi europei hanno ricevuto soldi statali, mentre a noi è impedito farlo. Questa roba la scrivevo mentre accadeva, ricordando che a banche tedesche e francesi sono andati soldi anche del nostro contribuente. Ma non prendiamoci in giro: quando quei trasferimenti di ricchezza erano possibili in Italia si negò fossero necessari. Che le regole sarebbero cambiate lo sapevamo. Si poteva esserne all’oscuro solo a patto d’essere ignoranti (in quel caso ci si occupi d’altro). Mi fa rabbia, tanta, che noi non si sia stati capaci di usare quello che allora era un punto di forza, magari per dare qualche lezione di buon mercato e sfruttare il vantaggio. Come fanno gli altri, quando possono. Invece fummo inerti allora e piagnucolosi oggi. Francamente insopportabile.

Pubblicato da Libero

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