Un mercato da “Chicago negli anni ’20”, parole di Rossi, è un mercato di mafiosi, contrabbandieri e corrotti. Troppo generoso. Il nostro, più modestamente, è un mercato che disprezza le regole, di profittatori e sfruttatori di rendite. Il prof. Rossi, lo ripeto, avrebbe fatto meglio a dirlo prima
ed agire di conseguenza, senza attendere di essere messo alla porta da chi lo aveva nominato grazie al debito, alla leva ed alle scatole cinesi che lui ora critica.
Ma assieme alla Caporetto del capitalismo italiano assistiamo anche alla disfatta della cultura, impropriamente maneggiata da opinionisti e belle coscienze tutti protesi a schierarsi, o, meglio, a rischierarsi. Si fanno affermazioni di fede sull’onestà dell’uno o la coerenza dell’altro, talora vecchi o futuri pagatori, ma si tralascia di raccontare i fatti e di dare un qualsiasi valore alle leggi. Un Paese senza anticorpi etici passa da uno scandalo all’altro, solo perché il primo alla lunga stufa. Oggi vi parlo di uno non ancora riconosciuto: gli operatori mobili virtuali.
Sono tali quei soggetti che vendono telefonia mobile non avendo una rete propria, ma operando su quelle altrui. Sono anni che ne reclamo l’avvento, perché capaci di far scendere le tariffe ed aumentare i servizi. Sono anni che all’Autorità delle comunicazioni dormono e, come ancora in queste ore, prediligono il parlare al fare. Leggiamo che le Coop si accordano con Tim (coerentemente con la linea Consorte) e le Poste con Vodafone (così è la terza volta che lo Stato entra nelle tlc, e sempre per rimetterci), ed essendo assente la moralità del mercato non si comprende che questo è uno sconcio. Già, perché così si lascia trionfare il capitalismo relazionale, quello dell’amicizia e dell’inciucio, quello per cui è il gestore a scegliersi il non concorrente virtuale. In un sistema serio è l’autorità pubblica a rilasciare le licenze, che gli operatori sono tenuti a rispettare. In un sistema salottiero sono gli amici che favoriscono i famigli, bloccando la strada ai giovani, ai nuovi, ai più bravi. Dove è forte il mercato è forte anche lo Stato e le sue regole, dove il mercato è un pantano contano le amicizie politiche. Quando si è refrattari alle regole, e quando i controllori partecipano alla festa, ci perde il mercato, il futuro, la collettività.