Quello dei trasporti è stato uno sciopero contro i cittadini. Inutile e ricattatorio. So bene che il diritto di sciopero è tutelato dalla Costituzione, ma ritengo che quelli che subiamo sono assai diversi da quelli cui i costituenti stavano pensando. Qui non siamo ai diritti dei lavoratori, antagonisti del padronato, ma
all’arma del sequestro in mano a chi vuole piegare la politica. E così come non si spiegano all’ostaggio le condizioni del rilascio, ma ci si rivolge a chi può pagare il riscatto, così i sindacati hanno omesso di spiegare ai cittadini perché diamine li hanno lasciati a piedi. Chiedere che “il nuovo contratto della mobilità rappresenti lo strumento per unificare le tutele”, non significa un bel niente. Scagliarsi contro “l’ostilità dichiarata di Asstra e Anav”, equivale a parlarsi sulle scarpe. Non si capisce quel che dicono perché nulla hanno da dire alle vittime.
Le aziende dei trasporti sono pubbliche, statali o municipalizzate. Gli introiti derivano in gran parte da convenzioni, da sovvenzioni fisse, o da tariffe amministrate. Della mancata vendita di biglietti, conseguenza di uno sciopero, se ne fregano, perché presenteranno comunque il conto alla politica. I dirigenti di quelle società non hanno azionisti cui portare risultati e presentare progetti, ma politici cui far riferimento tanto per il prezzo dei servizi quanto per la gestione del personale. Non a caso i sindacati si rivolgono all’Asstra, che nessuno sa cosa sia, ma è significativamente l’associazione delle società pubbliche di trasporto, ed all’Anav, che raccoglie i trasportatori privati convenzionati con gli enti locali.
Lo sciopero, dunque, serve solo sul tavolo politico, quale minaccia di torturare il cittadino fino al punto in cui si rivolterà contro la politica. Chiedono più soldi e meno lavoro, in buona e generale sostanza, facendo aumentare costi che saranno ribaltati sulle casse pubbliche e nelle tasche private, talché l’ostaggio pagherà due volte il proprio riscatto. I soldi spesi, infine, non serviranno a rendere più ricche le aziende e migliore il servizio, ma più generosa la distribuzione improduttiva. Dubito che questa roba possa essere fatta passare per un diritto costituzionale, ma che lo scrivo a fare, in un Paese in cui anche i giudici sono in “stato d’agitazione”?