Economia

Ricchezza e risparmio

Ricchezza e risparmio

Banca d’Italia ricalcola l’impatto del Quantitative easing sull’economia italiana, valutando una spinta pari all’1.4%, fra il 2015 e il 2016. Va sommato anche l’effetto indiretto, dato dal cambio, quantificato in 0.9 punti percentuali, nei due anni. Totale: 2.3. Secondo le previsioni il prodotto interno lordo italiano crescerà, nei due anni, di 2 punti (0.5 + 1.5), attestandosi alla metà della media europea quest’anno e accelerando il prossimo. Ammesso che sia così, cresciamo praticamente solo grazie alla spinta Bce. Il resto sono parole.

Nel mentre la ricchezza prodotta dagli italiani diminuiva il risparmio gestito cresceva e cresce. Si va strologando di un (presunto) “tesoretto” pari a 1.6 miliardi, ma, da gennaio a marzo, sono 52 i miliardi che i risparmiatori hanno versato nelle casse dei gestori. Non sono due universi, ma sempre lo stesso. Per capirne il senso si devono fissare alcuni paletti.

1. Nel mentre, in Italia, ci muoviamo al ritmo dell’“andante” in de profundis, non parlando altro che di crisi, i mercati globali non hanno il metronomo puntato sul “presto”, ma, comunque, fra il “vivace” e l’“allegro”. La ricchezza cresce sempre e investirvi è conveniente.

2. I tassi d’interesse dei titoli del debito pubblico sono scesi molto, sicché non è più tempo del fai da te. Ci fu quello in cui le famiglie erano contente nell’incassare interessi a due cifre, magari prestando poca attenzione all’inflazione che ne erodeva il significato. Ora non si può essere altrettanto artigianali, se si vuole danzare con la musica della crescita globale.

3. Dall’anno prossimo il risparmiatore rischierà assieme alla banca. Siamo abituati a pensare che i soldi “depositati” in banca siano al sicuro, perché questo prevede la legge. Magari poco remunerati, ma al sicuro. La legge cambia, però, e i soldi non si depositeranno più, bensì di presteranno alla banca. Saranno remunerati sempre poco, ma il rischio cresce. In caso di bancarotta il correntista con un deposito superiore a 100 mila euro (magari ha appena incassato fatture importanti, con più della metà dell’ammontare che dovrà essere girato al fisco, oppure gli è appena stato accreditato un mutuo) sarà chiamato a compartecipare del fallimento, dopo gli azionisti e gli obbligazionisti. E se ha depositato meno, comunque non può riaverli subito. Quindi meglio mettere i soldi in fondi che sono solo custoditi dalla banca, restando di proprietà del risparmiatore. E ricordarsi che le banche non sono tutte uguali.

4. Il sistema pensionistico è stato modificato tante di quelle volte, e i più giovani non ne avranno uno paragonabile a quello dei loro maggiori, che non c’è da stupirsi se cresce la voglia di assicurarsi in proprio un futuro non del tutto incerto.

5. Questi sono già buoni motivi per risparmiare, facendosi assistere da soggetti professionalmente adeguati (occhio a chi promette troppo, perché si pensa d’esser furbi e si è polli già allo spiedo). Ma c’è dell’altro: i consumi non riprendono anche perché la moneta risparmiata ha incisa la saggezza su un lato, ma la paura sull’altro.

6. La crescita del risparmio non equivale alla crescita della ricchezza, ma segnala la divaricazione interna alla società: chi può mette da parte, magari erodendo qualche consumo; chi non può s’impoverisce a rotta di collo. I 23 miliardi raccolti nel solo mese di marzo non sono certo l’effetto dei mitici 80 euro, perché quelli sono stati assorbiti da altri prelievi fiscali e dal lievitare dalle tariffe amministrate. Sono due Italia. Se si allontanano troppo generano un terremoto sociale e politico.

7. Il fisco s’è incattivito anche sul risparmio. Il gestito cresce non perché è insensibile alla tortura, ma perché si dirige verso veicoli domiciliati all’estero. Il risparmiatore pagherà sui guadagni, felice che non siano perdite. Mentre banche e fondi guadagneranno all’estero. Una specie di monumento alla dabbenaggine fiscale, a come il satanismo esattoriale non può che generare diabolicità nella fuga.

8. Proprio perché s’insegue il mondo che cresce, il nostro risparmio va a finanziare chi è capace di farlo. Quindi genera ricchezza all’estero. E’ giusto che sia così, perché chi amministra quei soldi deve portare risultati ai clienti. Ma è folle che non funzioni dentro i confini. Il rimedio non è impedire che si generi ricchezza fuori, ma consentire che si possa farlo anche a casa.

Se restassero cinque minuti di tempo libero, fra un sistema elettorale e una fiducia, tutto questo meriterebbe un pizzico d’attenzione.

Pubblicato da Libero

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