Economia

Ripresa a singhiozzo

Ripresa a singhiozzo

L’economia europea non ha smesso di crescere, ma sconta il rallentamento degli anni passati. Gli europei che hanno subito una dura recessione (la Grecia è un caso a sé) crescono a un ritmo sostenuto, premendo però sul deficit e sul debito. L’Italia ha preso una botta micidiale, ma non solo non s’è ripresa alla loro velocità, ma continua a languire nell’intorno della metà della media europea, appesantita da un debito che dovrebbe scendere e che, invece, si festeggia se rimane fermo. Gli ultimi dati Istat confermano un ulteriore elemento: la ripresa, sostenuta da fattori esterni, ha il singhiozzo.

L’industria italiana subisce, a marzo, una frenata che non si vedeva dal 2013: -3.6% del fatturato, rispetto allo stesso periodo del 2015; -1.6 rispetto al mese precedente. Il mercato interno piega le gambe vistosamente, il fatturato verso l’estero resta in crescita, ma di un soffio (+0.1). Dal punto di vista degli ordini, invece, sono negativi entrambe, il che lascia intendere che non è una nube velocemente passeggera. Se si disaggregano i dati si legge che il mercato delle auto è quello che pesa maggiormente, in senso negativo, mentre non mancano comparti in crescita, come l’elettronica. Ma, per quanto sia utile e necessario, qui non vogliamo guardare le cose troppo da vicino, né con un’ansia troppo legata ai dati che arrivano di continuo. Credo sia utile guardare l’insieme, che, più o meno, è quello descritto all’inizio: ci riprendiamo lentamente e a singhiozzo, ma, soprattutto, lo facciamo meno dei paesi a noi direttamente paragonabili.

Tirarsi dietro i dati, per alimentare la propaganda, è sciocco assai. Lo ripetiamo da troppo tempo: destra e sinistra non possono scambiarsi i ruoli, nel raccontare l’Italia che cammina e quella che va in rovina; l’uscita dalla recessione è avvenuta ed è una buona cosa, ma non risolve i nostri problemi e non è il frutto di averne risolti alcuni. Perdiamo competitività da lustri, governati dagli uni e dagli altri. Da tempo, in diversi, si gloriano di avere abbassato la pressione fiscale e quella aumenta. Stessa sorte per la spesa pubblica. Se la piantassimo, non sarebbe un male.

In queste settimane infuriano le polemiche sulle riforme costituzionali (in qualche modo legate al turno amministrativo, sperando che non si vada avanti così per cinque mesi). Nel bene e nel male, piacciano o non piacciano, sono figlie del Nazareno, dell’accordo stipulato fra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi. Richiamo quel che scrivemmo in quel frangente: non si va da nessuna parte se non saranno coinvolti i temi economici, se ai conti pubblici non s’imporrà quel cambio di direzione che (a parole o nei fatti, giudichi ciascuno) si proclama sui temi istituzionali. Purtroppo le cose sono andate diversamente: l’accordo innescò la riforma costituzionale, poi si ruppe, inducendo lo spappolamento di diverse forze politiche, ma non ha mai lambito i conti. Anzi, s’è fatto il contrario.

Questo accresce la fiacchezza e il singhiozzo, a sua volta sfibrante. La finestra aperta dalla Banca centrale europea non resterà spalancata a lungo. O ci si sbriga a fare un respirone, oppure sarà tutto più doloroso, quando le bombole d’ossigeno cominceranno a esaurirsi.

Pubblicato da Libero

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