Economia

Spread politico

Spread politico

Non so se chiameranno la neurodeliri, come ha suggerito un pacato e non del tutto spontaneo Guido Crosetto, ma sarebbe bene che smettessero di farsi scrivere discorsi e interviste da un esperto di letteratura comica, giacché il Consiglio dei ministri chiamato a varare i provvedimenti economici è fissato per giovedì e non è bello far sapere a tutti che i ministri ne ignorano ancora i contenuti. Si può pure provare a far credere che tutto ruoti attorno alle bizze del ministro dell’economia, o che lo scontro sia fra lesinatori e spendaccioni, ma è una rappresentazione per stupidi. La questione è meno folcloristica, ma anche più delicata.

Per mettere in linea la realtà con il disavanzo programmato occorre, per il 2011, una lieve correzione dei conti. Nell’ordine di 3 miliardi. Robetta, facile da scrivere e da digerire. La “manovra” più dura, quella di cui tanti parlano senza sapere quel che dicono, è già stata fatta, è alle nostre spalle, e produrrà effetti fino al 2012. Il fatto è che il lasso di tempo in cui occorre calcolare il rientro a deficit zero non si chiude, per fortuna, l’anno prossimo, ma nel 2014. Entro quella data le operazioni di bilancio dovranno avere uno spessore più consistente, nell’ordine di 40 miliardi. Questo ammontare, infine, può sembrare enorme e forse anche impressionante, ma è una bazzecola rispetto a quel che può costarci un’aggressione speculativa. L’aumento di otto punti base d’interesse che ci tocca pagare, facendo giungere a 222 la differenza fra i titoli del debito pubblico italiani e tedeschi, a dieci anni, è solo un’increspatura che serve a ricordare quanto potrebbe essere potente l’ondata. Ora torniamo alla politica.

Può piacere o meno, ma il governo ha consentito che Giulio Tremonti vestisse i panni del rigorista e del difensore della cassa, accreditandosi quale serio gestore del debito. Posto ciò, se si vuole che un’operazioncina da 3 miliardi sia considerata equa e sufficiente è necessario che sia lui a firmarla. Chiunque lo facesse al posto suo verrebbe considerato uno sbracatore. Forte di ciò, Tremonti chiede che s’imposti subito non solo il lievissimo ritocco, ma anche il complesso dell’operazione. Naturalmente concentrando il potere nelle proprie mani. L’onorevole Corsetto, che è anche membro del governo, avrebbe dovuto chiamare da tempo l’ambulanza, visto che noi scrivemmo due anni fa che le cose sarebbero giunte a questo punto, e fra i bisognosi di soccorso ci metta quelli che non hanno capito.

Nelle democrazie occidentali il tema è sempre lo stesso: conciliare la politica di bilancio con il ciclo elettorale. Per questo sostenni che le elezioni si doveva farle prima. Amen. Il dilemma, quindi, è: può il governo impostare una politica di tagli che ne pregiudicherà la sorte elettorale? Le risposte sono due. La prima: non può non farlo, perché è sufficiente che le società di rating ci declassino, aprendo e partecipando ad una colossale speculazione contro l’euro, perché il costo raddoppi, triplichi o decuplichi. La seconda è meno fatalista: se si limita a descrivere i tagli il governo è cotto, pur in assenza di un’opposizione capace d’impostare l’alternativa, ma se sarà capace di spiegare che quel dolore passeggero serve a propiziare delizie permanenti, allora si aprirà una nuova stagione.

Lascino perdere le sole auto blu, che questo è un argomento per chi non ha più argomenti. Se proprio vogliono, vadano a piedi: si vede prima e funziona meglio Tolgano la macchina alle segreterie e alle direzioni ministeriali, ora, subito, e ne parlino dopo averlo fatto. E’ l’intera baracca della spesa pubblica che deve essere trasformata, non solo tagliando, ma riqualificando la spesa. Moltissimo deve essere ceduto al mercato. Molto può essere chiuso, accorpato, ridimensionato. C’è tanto di quel grasso nocivo che la lama scompare prima di arrivare alla ciccia. La riforma fiscale è cosa buona e giusta, ma se non precedono tagli e trasformazioni si avrà sempre l’impressione di soffiare dentro un pallone bucato. Se si muoveranno in tal senso avranno ribadito ai mercati che il nostro debito è sostenibile tanto quanto quello tedesco e avranno comunicato agli elettori che c’è vita celebrale nel pianeta governo.

Stiano attenti, l’Italia è stanca. Ricca, capace, operosa, ma stanca. Nel 2006 i no-tav facevano lo sgambetto alla fiamma olimpica, siamo nel 2011 e si sparano lacrimogeni per aprire cantieri che dovrebbero essere già chiusi. Per fine lavori. Napoli affonda nei veleni, ma le mancanze sono quelle di sempre: niente discariche, inceneritori e riciclaggio. Il non fare ci costa più del decidere e agire, anche se tocca forzare la mano. Se non si è coraggiosi oggi si finirà con il dovere essere temerari domani.

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