Economia

Sulle spalle di Atlante

Sulle spalle di Atlante

Di Atlante si parla troppo e si dice troppo poco. Ne parla molto il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, che si spinge a quantificarne in 50 miliardi le capacità di mobilitazione complessiva, capitale più leva. Tanta loquacità, però, non sempre aiuta a confermare che si tratta di un’iniziativa esclusivamente privata, senza alcun coinvolgimento dello Stato. Nel qual caso scatterebbe l’accusa di aiuti illeciti. Né agevola il ricordo di Giuseppe Guzzetti, presidente dell’associazione delle casse di risparmio e delle fondazioni bancarie, che ci tiene a precisare che l’idea è nata presso la Cassa depositi e prestiti. Le cui attività non rientrano nel perimetro della spesa pubblica, ma amministra soldi pubblici e ha vertici nominati dal governo. Forse non si dovrebbe esagerare ed essere più coerenti, nel sostenere che l’idea e i soldi sono tutti privati. Tanto più che anche l’Atlante della mitologia greca aveva diversi padri e madri, restandone oscure le origini. A dispetto delle tante parole, però, i dettagli dell’operazione non sono noti. E mentre si rischia d’essere accusati d’avere fornito aiuti di Stato, magari, ci si avvicina ad un’operazione che somiglia a un aiuto allo Stato.

Tutti parlano di Atlante come di uno strumento per affrontare il problema dei crediti deteriorati (npl, secondo l’acronimo in inglese), ma il capitale immediatamente disponibile non è sufficiente, come neanche nell’ipotesi che possa muoversi fino a 50 miliardi. I soldi versati, però, sembrano su misura per far fronte a un altro problema: gli aumenti di capitale. Banche venete ne hanno urgente bisogno e se l’offerta restasse inoptata, se i compratori non si facessero sotto, questo farebbe scattare crisi gravi o obblighi in capo a banche più grosse, a loro volta indebolite. Ne hanno bisogno anche a Siena, dove lo Stato è oggi il secondo azionista del Monte dei Paschi, ma si avvia a divenire il primo (sicché riceverebbe un aiuto dal fondo). Chi mette i soldi? Atlante è un utile soggetto, perché è finanziato dalle banche, che ne ricavano un guadagno di credibilità e stabilità, e può comprare senza guardare l’orologio (ma neanche il calendario) per poi rivendere.

Diverso il discorso sul fronte dei crediti andati a male. La parlantina corrente afferma che non dovranno più essere venduti al 18% del loro valore, facendo felici quei selvaggi dei fondi speculativi (ma non era stato il governo, per i quattro falliti di fine anno, a stabilire quel prezzo?), ma si potrà piazzarli al valore oggi in bilancio, anche sopra il 40% del nominale. Qui il discorso fila meno. A quel prezzo possono essere comprati i crediti migliori, benché deteriorati, ottenendo, però, l’effetto di rimandare e aggravare il vero problema, ovvero gli altri. Ove così non fosse, del resto, il meccanismo sposterebbe sul fondo le perdite da non mettere nel bilancio delle banche. Cioè si starebbe assistendo alla nascita di un futuro fallito. Mi rifiuto di crederci. Quei fondi privati, significativamente denominati “locusta”, saranno pure speculativi, ma se i crediti tarlati valessero quanto le banche interessate li valutano il problema non esisterebbe. Esiste perché valgono meno. Quindi: o li prendi a meno (di quanto si può discutere), oppure stai solo traslocando la bomba a orologeria.

Ho maturato la seguente convinzione: o del fondo Atlante sappiamo niente e quel che ci viene raccontato somiglia lontanamente alla realtà, oppure sarà utile ed efficace sul lato degli aumenti di capitale, mentre il problema degli npl si spera di alleggerirlo facendo funzionare i sistemi di recupero. In tal senso aiuterebbe l’effettiva applicazione della legge 135, del 2015. Una variante pulp potrebbe consistere nell’affrontare la piaga degli npl, ma solo in certi casi e non in altri. Il che aprirebbe la vista sull’inferno dei criteri e delle preferenze, innescando una condotta ad alto tasso di dipendenza politica e di opinabilità. La dipendenza farebbe riscattare l’accusa degli aiuti di Stato. L’opinabilità potrebbe stuzzicare l’intervento di un ordine dello Stato, la magistratura.

Un tempo si diceva che banchieri e ministri dell’economia (e delle finanze, quando esisteva) dovessero essere quasi muti (scappare con la cassa è peccato veniale, parlare lo è mortale, sosteneva Enrico Cuccia). Visto che iniziano a parlare facendo concorrenza al gallo, la mattina, sarà il caso che siano meno generici e di Atlante sia possibile conoscere qualcosa di meno vago dell’omonimo reggitore dell’intera volta celeste. Si spera in meno, ma più concreto.

Pubblicato da Libero

Condividi questo articolo