Economia

Svantaggio crescente

Svantaggio crescente

La crescita di altri europei è stata corretta al ribasso, la nostra al rialzo. Da ultimo ha provveduto l’Ocse, sebbene togliendoci uno o due decimali. Siamo, quindi, fra i più bravi, quelli che hanno messo in atto le più efficaci politiche per la ripresa? Magari fosse! I numeri non lo dicono affatto, a dispetto della superficialità propagandistica con la quale li si sparacchia.

Chiuderemo il 2015 con una crescita (+0.9%) superiore al previsto (0.6-0.7). E’ una buona notizia. Ma è pur sempre poco più della metà della crescita dell’Eurozona (+1.6). E’ costantemente meno non dico della Germania (1.7), ma anche della Francia (1.1), gravemente malata. Ed è meno di quel che, per noi e per tutti, aveva sperato la Banca centrale europea, le cui scelte monetarie erano valutate capaci di portare la crescita di un punto di prodotto interno lordo.

Se guardiamo le previsioni europee, relative ai prossimi due anni, le cose non migliorano. La crescita italiana è stimata a +1.5 nel 2016 e +1.4 nel 2017. Bene, se ci misuriamo solo con noi stessi. Ma l’entusiasmo s’ammoscia, se messo a paragone con la crescita dell’Eurozona: +1.8 e +1.9, per lo stesso biennio. La Germania dovrebbe fare +1.9, in entrambe gli anni. La Francia +1.4 e +1.7. Vista in questa prospettiva la cosa cambia colore: il nostro svantaggio relativo aumenta. Limitarsi, quindi, a gioire per il ritocco al rialzo, supponendo che il contemporaneo ritocco al ribasso di altri suggerisca un sorpasso significativo, significa prendersi in giro.

A questo s’aggiunga che continuo (e credo sia legittimo, visto che siamo la terza potenza economica e la seconda industriale d’Europa) a far riferimento a Paesi come la Francia e la Germania, ma se parliamo di recuperi dovremmo fare il paragone con i Piigs, di cui divenimmo la seconda “i” e che corsero i rischi più grossi, subendo la recessione più dura, dal 2010 in poi. Ebbene, nei tre anni, il Portogallo (uscito dalla recessione prima di noi) segna: +1.7, +1.7 e +1.8. La Spagna: +3.1, +2.7 e +2.4. L’Irlanda non parliamone: +6, +4.5 e +3.5. Se non ci fosse la Grecia, che continua a essere in recessione, saremmo gli ultimi. Che razza di consolazione è l’essere un po’ meno ultimi?

E’ come se in una gara automobilistica le vetture in testa andassero a 200-180 chilometri orari, mentre la nostra alla metà, 100, dopo un’ora di corsa, con uno svantaggio enorme, si misura una decelerazione in testa, sicché procedono a 190-170, mentre in coda un’accelerazione, fino a 110 all’ora. Stiamo vincendo? No, perdiamo terreno meno velocemente, ma continuiamo a perderlo. Siccome tifo per la scuderia Italia, lo dico senza alcun compiacimento, ma per segnalare che lo sventolio entusiasta è, a dir poco, intempestivo. Se acceleriamo è segno che il motore c’è ancora e risponde ai comandi, evviva, ma non significa che abbiamo risolto i nostri problemi.

Non a caso continuiamo a far deficit, dovendo sostenere una ripresa altrimenti non spinta da cambiamenti significativi dei processi produttivi. La riforma del lavoro va nella giusta direzione, ma i suoi effetti reali sono stati marginali. Sembra una cosa più grande di quel che è perché s’accompagna a una storica rottura, il che capita perché i suoi oppositori non chiedevano di più, come servirebbe, ma di meno. Nella scuola aumentiamo la spesa, ma serve per assumere i docenti che già ci sono, difatti continuano a mancare quelli che servono. Sembra un investimento, ma è spesa corrente conservativa. Sembra rigoroso, ma solo perché altri avrebbero voluto assumerne il triplo. Lo stesso vale per la legge di stabilità: produce deficit, realizza una diminuzione minima della pressione fiscale (se ci sarà), spostandone l’aumento considerevole all’anno successivo. Non è per nulla innovativa ed è lassista. Invece sembra l’opposto, perché i suoi oppositori non ne segnalano le enormi insufficienze, ma le presunte crudeltà.

Tutto ciò ci dice che l’Italia della spesa pubblica e delle rendite è sovrarappresentata, mentre quella esposta alla competizione è sottorappresentata. Quel che serve a correre non trova sponsor, mentre su quel che serve a tirare a campare c’è la ressa dei portavoce. In uno sgomitare che trova nella lettura guercia dei dati sopra riportati la propria legittimazione. Ma è illusorio. Utile solo a sprecare il tempo che la Bce continua a comprare. Quando sarà finito già immagino il nuovo sport nazionale: trovare il colpevole esterno, cui addebitare la responsabilità dello spreco made in Italy.

Pubblicato da Libero

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