Economia

Tagliare per cambiare

Tagliare per cambiare

Tagliare la spesa pubblica non è poi così difficile o doloroso. Il coltello può affondare nel grasso, senza urtare troppo i centri nervosi. I tagli possono essere fatti incidendo su voci che neanche si conoscono, che nessuno, da molto tempo, ha tentato di governare. Sembra strano, lo so, perché s’è sempre pensato che

tagliare le spese sia la cosa più difficile del mondo, tanto che per viltà, incompetenza e cupidigia clientelare non lo si è fatto. Ora non si può non procedere, perché l’alternativa sarebbe trasformare la promessa della diminuzione delle tasse non nella delusione della rinuncia, ma nella tragedia del loro ulteriore aumento. La bestia è affamata, e non potendo succhiare altro sangue deve rinunciare a qualche vizio. Ma è ancora poca roba.
Cosa analoga capita nel pubblico impiego: rassegnati alla fannullocrazia, abituati ad accoppiare l’assunzione dei propri protetti con la connivenza di un sindacato che tutela tutto, tranne che il lavoro ed i lavoratori, nessuno aveva pensato fosse sensato combattere l’assenteismo. Sono bastate le parole, e già i risultati sono clamorosi. Ma nell’uno come nell’altro caso, siamo ancora alla superficie. Qualche consistente rivolo sarà fermato, ma il fiume della spesa pubblica continuerà a correre improduttivo, con la giustizia che non esiste e la sanità che s’indebita. Un battaglione di dipendenti pubblici si concederà meno false malattie, ma l’intero esercito continuerà a stare in una trincea dell’altro secolo. La vera sfida per il governo, dunque, non consiste nel tagliare e nel fare il viso brutto agli imbroglioni, ma nell’approfittare del non potere comportarsi diversamente per avviare riforme strutturali, capaci di riportare l’Italia sulla via della crescita.
E’ indispensabile imparare a misurare e premiare il merito, utilizzando questo metodo per smaltire i rifiuti del passato. Applichiamolo alla scuola, per promuovere il futuro, fare largo ai più bravi e licenziare chi non sa insegnare. Alla giustizia, cancellando un Csm che protegge incapaci e poco di buono, premiando chi lavora perché il diritto non s’arrenda alla barbarie. All’intera pubblica amministrazione, restituendo dignità e soldi a chi serve lo Stato, e cacciando chi non serve. Se non lo si farà ci sarà il rinculo, con la bestia pronta a divorarci.

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