I ricchi dovranno pagare più tasse, ha detto Barack Obama. Chi sono i ricchi? Quelli che guadagnano più di 250 mila dollari l’anno. Quanto pagano di tasse, oggi? Il 35%. Poi ci sono una serie di combinazioni familiari, sicché può essere anche il 33. In Italia, senza neanche avere redditi di quel tipo, si paga assai di più. Se facessimo anche noi quel che oggi propone il confermato presidente degli Stati Uniti, le tasse scenderebbero. Potrei chiuderla qui, lasciando il resto dello spazio in bianco, talché gli interessati potrebbero usarlo per fare il conto di quel che risparmierebbero.
Ma ci sono altre cose, degne d’attenzione. Ho letto i primi lanci di agenzia, e i primi titoli nei siti dei giornali, dove il “ricchi” sono già diventati “super ricchi”. Non solo è la solita ipocrisia italiana, per cui dobbiamo fingerci tutti poveri (si definirebbero “super ricchi” i direttori di quegli stessi giornaloni?), ma è anche una corbelleria: i veramente ricchi hanno raramente redditi da lavoro e più frequentemente redditi da capitali e da investimenti, per loro natura facenti capo a delle società, sicché sono indifferenti alle tasse sul guadagno personale.
Certo, in Italia sopra il 250 mila euro si colloca solo una ristrettissima minoranza (lo 0,18%). Ma non li definirei super ricchi, bensì super onesti (avverto il lettore che sono in conflitto d’interessi, rientrando nella categoria). Sicché, a volere essere ulteriormente precisi, l’annuncio di Obama non riguarderebbe quasi nessuno, dalle nostre parti. Il che sia detto per additare al pubblico ludibrio i non pochi che correranno a fare gli americani. Alla moda di Nando Moriconi.
Il punto più rilevante è il seguente: Obama chiede di aumentare la pressione fiscale per potere diminuire il debito, che durante i suoi primi quattro anni è aumentato del 50%, da 10 a 15 mila miliardi di dollari. Non è affatto detto che funzioni, e segnalo che da noi la pressione fiscale è salita nel mentre saliva il debito. Il presidente Usa dice: più tasse e meno debiti. Da noi ci troviamo con: più tasse e più debito. Com’è possibile? Semplice: perché diminuisce il prodotto interno lordo e, quindi, sale il peso percentuale del debito, che, del resto, cresce anche in valore assoluto perché il suo costo è cresciuto più velocemente delle tasse. Obama, insomma, si muove subito per evitare la trappola fiscale. Noi ci siamo già dentro.
Il presidente americano lancia un messaggio ai repubblicani, che hanno la maggioranza alla Congresso, quindi sono determinanti: se non troviamo un accordo subito, se non facciamo crescere le tasse per i ricchi, alla fine dell’anno cresceranno per tutti, anche per quelli sotto i 250 mila dollari, e questo è un male, perché avrebbe effetti recessivi. Ha ragione: se togli soldi a chi ha una maggiore propensione a spenderli, ovvero ai meno ricchi, non fai che moltiplicare la recessione, contraendo i consumi. Però, insomma, sotto la soglia dei 250 mila non è che si sia proprio alla canna del gas. Quanto pagano, oggi, e quanto pagheranno, domani, quelli in quella condizione, negli Usa? Il 28%. Ho l’impressione che non pochi italiani siano tentati di farsela a nuoto, anche perché da noi le tasse continuano a crescere anche per i redditi che negli Usa sono esentati, perché considerati troppo bassi.
Noi stiamo facendo esattamente quello che gli Usa tentando di evitare, ovvero comprimere scientemente i consumi per potere diminuire le importazioni e rimettere in equilibrio la bilancia commerciale. In altre parole: non potendo svalutare la moneta noi stiamo svalutando gli italiani. Obama usa uno scenario simile per minacciare i repubblicani: non vorrete mica arrivare a una prospettiva simile?
Una considerazione generale, prima di chiudere: subito dopo il risultato elettorale, e solo perché si erano chiuse le urne, non per il loro responso, due società di rating hanno avvertito che non è escluso si debba rivalutare l’affidabilità del debito Usa, togliendogli la tripla A. Dal punto di vista strettamente formale non fa una grinza, anzi, se vogliamo prendere in considerazione sia il debito aggregato (pubblico più privato) in relazione al pil, oppure il patrimonio finanziario netto per adulto in rapporto al debito, gli Stati Uniti sono messi decisamente peggio dell’Italia, che è messa meglio della Francia e al pari della Germania. Ma dal punto di vista generale non ha senso: se ritieni meno affidabile il debito di chi ha il più potente esercito del mondo e della storia (Obama dixit, a ragione), la conseguenza è politica, non economica.
Anziché fare gli obamiani de noantri, dunque, si valuti quanto fa paura finire dove ci siamo ficcati.