Economia

Tassare l’ipocrisia

Tassare l'ipocrisia

Rincorrendo le notizie si cancella la riflessione, ci si finge aggiornati, in realtà si è superficiali. Voglio tornare al diluvio d’ipocrisia che ha accompagnato la pubblicazione dei dati fiscali relativi al 2006. Terribili, perché gli italiani votano, talora, per quelli che sostengono sia bello pagare le tasse, i quali, però, lasciano intatta l’evasione fiscale, e, talaltra, per quelli che promettono di abbassare le tasse, e quando va bene non le alzano. E’ il pendolo elettorale della presa in giro.
L’evasione è endemica, non risparmiando neanche quanti hanno un reddito da lavoro dipendente, perché su quello non scappano, ma arrotondano sul resto (esempio: insegnante che fa lezioni private). Siccome d’evasione sono, per definizione, imputati autonomi, professionisti e benestanti in genere, si finisce con il prendere a pesci in faccia quel drappello d’onesti che paga per tutti. Tattica incresciosa che serve per non dire quel che è evidente: le nostre tasse sono da rapina ed in cambio riceviamo servizi da miserabili. Ci sono interi settori il cui vantaggio competitivo è l’evasione, se rientrassero alle aliquote vigenti schianterebbero, allora si chiudono tre occhi su due, con il risultato che fette di economia e territorio escono dal controllo dello Stato ed entrano sotto quello della criminalità.
Le tasse vanno abbassate, così come deve scendere la spesa pubblica. Sento già i gridolini inorriditi di quelli che invocano Keynes come padre, ed invece sono bastardi profittatori. Il grande economista inglese, chiamato, da chi non lo ha mai letto, a simbolo della spesa pubblica, pensava ad un’aliquota massima del 25%. I keynesiani siamo noi, che vogliamo tagliare le tasse e non abbiamo confuso lo Stato sociale con quello assistenziale, la solidarietà con il clientelismo. Purtroppo, però, questo è un discorso serio, etico e liberale, mentre il nostro è un Paese cattocomunista, senza gran distinzione di schieramenti, quindi interessato ai proclami distributivi, all’elemosina spesata da altri, alla doppia morale che concilia sermoni pubblici e furbizia privata, che non crede in quel che dice e considera la bugia un diritto civile. Quello fiscale, ne è il ritratto: un popolo di accattoni che vanno a vela, gonfio di soldi sommersi, ma nemico di lavoro e ricchezza.

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