Economia

Telecom, che brutta scena

Telecom, che brutta scena

Accipicchia se è brutta, la sceneggiata in corso a Torino. Accidenti se è amara, la lezione che si trae dalla finta privatizzazione della Telecom.

Riassumendo in due parole : a) la Telecom non è mai stata privatizzata, in quanto era già una società per azioni; b) quel che si è fatto è vendere delle quote che erano nel portafoglio del Tesoro (dopo essere state in quello dell’Iri); c) lo Stato rimaneva e rimane il padrone, sia perché possiede la quota più rilevante, sia perché possiede le azioni che decidono, sia perché nomina la maggioranza dei consiglieri; d) a fronte di ciò (che non è neanche parente di una privatizzazione) il Tesoro decise di consegnare alla Ifil, finanziaria della famiglia Agnelli, il potere di decidere come se fosse il padrone.

La Ifil decise, e mise Rossignolo in testa a Telecom. Rossignolo cominciò subito a comportarsi da padrone e, nella più totale assenza di uno straccio di progetto industriale, prese (non a torto, per certi aspetti) a sparacchiare, per non dir peggio, su quanto era stato fin lì fatto, ed a lanciarsi in alleanze internazionali e dichiarazioni pubbliche delle quali il meno che si può dire è che non furono molto ponderate ed opportune. La sua gestione, ben presto, fu causa di molti malumori e di un distinguibilissimo disagio interno. Epilogo : le dimissioni di Vito Gamberale.

Due giorni fa interviene Gianni Agnelli, affermando un principio che, a questo punto, appariva elementare : Telecom ha bisogno di qualcuno che la governi. Gli risponde, ieri, Rossignolo : no, stiamo bene così. Già, ma allora, chi rappresenta Rossignolo? I bene informati rispondono : Rossignolo rappresenta Umberto Agnelli, quindi nulla di strano se dissente da Gianni Agnelli.

Ecco, questo è il livello, moderno ed internazionale, del capitalismo italiano. Una faida familiare si è impadronita, con pochi spiccioli, di un colosso che, a dispetto delle gestioni più o meno improvvide, continua a produrre utili da capogiro. E’ lecito dire che si tratta di una situazione deprecabile?

Gli assetti che oggi escono dall’assemblea torinese saranno stabili? Nessuno è disposto a scommettere una lira su questo, tutti danno per scontato che le cose, ed i vertici, cambieranno presto. Ma chi deciderà i nuovi equilibri e le nuove nomine? Non la Ifil, speriamo. Allora il Tesoro? Ed era, questa, una privatizzazione?

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