Economia

Telecom, un anno dopo

Telecom, un anno dopo

Orazio Carabini, sul Sole 24 Ore, ha ragione: un anno fa molti parlavano di Telecom Italia, ora solo poche righe a descrivere una situazione apparentemente paradossale, che fa dipendere tutto dalle decisioni di un’autorità brasiliana. Quando descrissi l’importanza di quel che avveniva in Brasile mi presero per matto,

o peggio. Poi, lo ammetto, anch’io ho scritto meno, temendo fosse scambiata per una fissazione. Ma mentre qui si tace i tribunali federali brasiliani hanno avviato procedimenti per corruzione nei confronti di ministri non estranei alle vicende telefoniche, il che s’intreccia con le decisioni che spettano all’Anatel, in un Paese la cui telefonia mobile è in mano ad operatori stranieri, ma non per questo intende essere considerato una colonia.
Le inchieste giudiziarie italiane seguono il consueto copione: vivono sui giornali e poi spariscono nei tribunali. Tutti gli indagati sono presunti innocenti, nel mentre all’opinione pubblica è già stata consegnata la loro colpevolezza. Solo che, in questo modo, s’erge un monumentale contrasto fra quel che si sa e quel che accade, essendo irragionevole supporre che le condotte devianti (comprendenti un morto) derivino solo dalle manie giocherellone di taluni.
Non parliamo poi del piano industriale. Un anno fa il governo voleva scorporare la rete Telecom (con presupposti e procedura non condivisibili), oggi s’appresta a consentirgli di gareggiare e vincere anche le reti WiMax (con scelte opposte a quelle di altri Paesi europei). Il tutto nel mentre l’operatore è da tempo senza guida e i dirigenti più importanti s’occupano prevalentemente di come saranno liquidati.
Impedendo a Tronchetti Provera di vendere si è consegnata la proprietà alle banche, le quali, a loro volta, l’hanno consegnata agli spagnoli di Telefonica. Questi ultimi, che hanno pagato salato, si riservano di chiudere una volta valutate le convenienze. L’Italia, però, ne esce umiliata e derisa, non perché entra lo “straniero”, ma perché tutto questo è avvenuto ed avverrà fuori dal mercato, facendo marameo agli azionisti e con l’unica autorità che conta residente in Brasile.
Lo scrivo fin da quando D’Alema volle favorire una cordata lussemburghese (la stessa che poi pagò Consorte): non si tratta solo di un’azienda, ma dell’idea che l’Italia ha di sé.

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