Economia

Telefono tv

Telefono tv

Il mercato delle telecomunicazioni si trasforma. Le compagnie telefoniche comprano quelle televisive. Le reti sono solo strumenti di lavoro, come il martello e la sega per il falegname, che non si fa pagare per martellare e segare, ma per consegnare un tavolo o una finestra. Noi italiani avremmo delle occasioni da cogliere, degli spazi da occupare, ma anche in questo settore anteponiamo il male che ci sta consumando: tentare di salvare il passato, perdendo in anticipo le partite del futuro.

At&t compra DirectTv per 48,5 miliardi di dollari. Ne ha spesi 42 Comcast per comprare Time Warner Cable. Non sempre le acquisizioni e le fusioni, nel mondo delle Tlc e in quello della Borsa, sono ispirate alla razionalità. E’ capitato che fior di quattrini siano stati buttati dalla finestra, pur di raccontare “ai mercati” storielle prive di senso. Ma qui il significato è evidente: la concorrenza sulle tariffe telefoniche e per le connessioni internet ha ridotto i margini a livelli infinitesimali, diventando un mercato da cui è difficile spremere qualche cosa; al contrario, i consumatori pagano pur di accedere a determinati contenuti, siano essi d’intrattenimento, sport o informazione; così procedendo si arriva a un paradosso: il sistema tecnologicamente più povero, ovvero i collegamenti non interattivi, tipicamente televisivi, portano al cliente i contenuti più ricchi e succosi, mentre i collegamenti teoricamente più sofisticati sopportano i costi delle reti, ma le usano per portare in giro contenuti di basso valore, in gran parte autoprodotti dai clienti. Da qui la corsa a compare contenitori con succosi contenuti (le televisioni a pagamento), oppure, come nel caso di British Telecom, la decisione di comprare direttamente contenuti calcistici.

Da noi si vive ancora in compartimenti stagni. La Rai si mantiene con una tassa e così fa da pilastro su cui poggiare il duopolio, con Mediaset, nella televisione commerciale. Telecom Italia ringrazia il cielo che ancora gli italiani paghino le bollette, così galleggiando su un oceano di debiti, mentre le iniziative a cavallo fra Tv e Tlc, come quelle di Fastweb, sono ancora al livello dei cammei. Intanto il videostreaming è usato in modo autogestito e il video on demand si sviluppa gratis, via Youtube. Un animale misto, creato dall’incrocio fra normative vecchie e tecnologie nuove. Eppure, nell’arretratezza si nasconde un’opportunità.

Intanto perché la nostra pubblica amministrazione è rimasta così indietro ed è così frazionata, nonché costosa, che si potrebbero risparmiare dei quattrini spendendone nella rivoluzione digitale. Dalla scuola alla sanità, dall’anagrafe al fisco. Questo diluvio di contenuti, che recapitati gratis comportano un risparmio (sia collettivo che individuale), reggerebbe l’investimento nella diffusione delle connessione e dei terminali. Questo aprirebbe un mercato ai contenuti a pagamento, a nuovi servizi a valore aggiunto e al commercio on line. Tale apertura, a sua volta, spingerebbe l’esercito degli innovatori, già pronto con molti prodotti, al momento senza mercato nazionale. Mettere in sinergia la fantasia, la semplicità e la tecnologia dovrebbe essere il mestiere per cui siamo nati. Tutto, in Italia, dice che abbiamo vocazione a riuscirsi. Tutto, tranne la realtà del mercato, rimasta indietro.

Da noi le televisioni si comprano (poco) giusto per tenere in equilibrio il bilancino dei poteri. Roba da selvaggi, intesi come primitivi, non come determinati. Le tv sono contenuti e i contenuti sono l’unica cosa che può essere venduta. Non martelli e seghe (utili ai falegnami), ma mobili e tavoli. Non è obbligatorio farsi colonizzare, per accorgersene.

Pubblicato da Libero

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