Economia

Tutti a taglia tasse, che crescono

Tutti a taglia tasse, che crescono

Parlando alla Confcommercio il capo del partito democratico, Veltroni, ha annunciato un pezzo del proprio programma: le tasse devono calare. Un bel salto culturale, considerato che il governo le ha, fin qui, aumentate (ancora questo mese il gettito fiscale segna un incremento portentoso) e la tesi sostenuta dal ministro

dell’economia è: pagare le tasse è bello. Se questa è la novità a sinistra, non se ne registrano a destra, dove la teoria secondo la quale si devono diminuire le tasse è sostenuta da tempo. Salvo il fatto, però, che non è accaduto durante i cinque anni di governo. Diciamo, dunque, che il fronte dei calatori di tasse è sempre più numeroso, come sempre più sostanziosa è la fetta di ricchezza che, grazie al fisco, si trasferisce dalle tasche degli italiani alle casse dello Stato.
Non è che siano tutti bugiardi ed in malafede (pur ospitando rapprresentanze non secondarie di dette categorie), è che la favola della diminuita pressione fiscale non sarà mai a lieto fine fin quanto non sarà preceduta, o quanto meno accompagnata, dalla musica della diminuzione della spesa pubblica. La quale ultima, invece, cresce in continuazione, ignara del succedersi dei governi e dei loro colori. Insomma, come anche risulta da un interessante studio condotto da Renato Brunetta, la politica s’avvia ad essere del tutto irrilevante, incapace di dare seguito di fatti alle parole perché incapace di imporre un controllo serio su quanto e come lo Stato spende. Anzi, le cose stanno anche peggio, perché il governo Prodi, al fine di alimentare la propaganda dell’immaginifico risanamento, ha lasciato correre la spesa corrente e tagliato quella per investimenti, ottenendo il solo risultato di dequalificarla tutta.
Spesa fuori controllo, tassazione oltre il limite del tollerabile e debito pubblico che stagna indisturbato ben sopra al totale del prodotto interno. In queste condizione si abbattono sull’Italia le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, che segnalano un rallentamento della crescita complessiva, ma dicono anche che l’Italia si trova alla metà di quella europea. La nostra produttività, quindi la nostra capacità di produrre ricchezza, è azzoppata proprio dai mali prima riassunti, i quali, a loro volta, fanno crescere il loro peso mano a mano che la crescita rallenta. Si sono sprecati anni di migliore congiuntura e ora la politica deve affrancarsi dal circolo vizioso degli annunci e dei fallimenti, decidendosi a tagliare senza pietà la spesa pubblica e restituire ricchezza agli italiani. All’inizio sarà doloroso, subito dopo vitale.

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