Neri uccelli volteggiano sulla Consob. Non sono riusciti ad accopparla, ma arranca quanto basta per non lasciar presagire nulla di buono. Qualsiasi autorità, oramai, può tranquillamente essere bersagliata con accuse e denigrazioni di tutti i tipi. Tanto: se proprio non ci si azzecca neanche ci si sbaglia. Ma quel che si sta muovendo insospettisce assai.
Sulle banche vigila la Banca d’Italia, ora sovrastata dalla Banca centrale europea. Sui prodotti offerti al pubblico vigila la Consob, incaricata di analoga funzione sulla Borsa italiana e le società quotate. Se fate una raccolta dei “prospetti informativi”, ovvero dei papiri che dovrebbero illustrare la natura dei prodotti finanziari che vi suggeriscono di comprare, scoprite facilmente che non prospettano e non informano. Più o meno: non ci si capisce niente. Oscillano fra la pubblicità allusiva e la tecnicalità repulsiva. Se il compito della vigilanza consiste nel garantire leggibilità e utilità, è un fallimento. Però attenti, perché c’è chi è interessato a buttarla in caciara: se le obbligazioni subordinate sono state vendute a soggetti con non potevano comperarle e se la profilazione del cliente è taroccata, questo è un imbroglio e l’autore deve andare in galera. Anche se i prospetti fossero in lingua etrusca. Aggiungo tre riflessioni.
1. E’ illusorio supporre che possano esistere percentualizzazioni del rischio capaci di guidare l’investitore come fosse un bimbo persosi. Ed è truffaldino farlo credere. Si riteneva privi di rischi i titoli dei debiti sovrani di Paesi Ue, poi s’è visto che non era vero. Si può e si deve essere informati di quel che serve. Senza usare tomi dove si scrive tutto in modo che non si legga nulla. Meglio se con paragoni appropriati, in modo che il cliente possa farsi un’idea del rischio relativo. Ma guai a immaginare di avere una sorta di agenzia che misura il rischio in modo sicuro, perché: a. non esiste; b. se esistesse sarebbe padrona del mercato; c. sarebbe a sua volta un raggiro.
2. La Consob, come ogni altra istituzione, può ben essere criticata. Tanto più che, come detto, la storia dei prospetti informativi non è certo di successo. Ma se le critiche arrivano dal governo c’è un problema: si attenta all’indipendenza dell’autorità. Nel momento in cui il governo attacca la Consob non ne deve cambiare i vertici, deve chiuderla. I vertici successivi, nominati dopo un tale passaggio, sarebbero a dir poco sospettabili di scarsa autonomia. Ieri, in Parlamento, il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan ha dovuto ripetere queste ovvietà. Il problema è che le cose dette da suoi colleghi di governo, in senso esattamente opposto, restano agli atti. Almeno parzialmente osceni.
3. Le autorità indipendenti hanno un senso se le loro decisioni non possono essere ridiscusse all’infinito e se a guidarle vengono inviate persone che hanno sì idee nette, ma di provata indipendenza. Se per tutto si ricorre al Tar e si suppongono indipendenti partitanti e riciclati, il solo dubbio probabilistico riguarda il tempo necessario perché si crei un pasticcio.
Pubblicato da Libero