Economia

Un calcio alla tv

Un calcio alla tv

Il mondo della televisione è a rumore per i diritti relativi alla trasmissione delle partite di calcio: le offerte e le trattative rimbalzano sui giornali, con il solito eccesso drammatizzante; dal mondo politico giungono sempre più barocche e singolari proposte antitrust. Intanto, in Inghilterra, si avvia una procedura antitrust proprio sulle trasmissioni delle partite. Si tratta dello stesso problema? C’è qualche cosa che un paese può trarre dall’esperienza dell’altro? No, non si tratta della stessa cosa, ma pur sempre d’esperienze istruttive.

Intanto, come al solito, occorre ricordare a cosa servono le leggi antitrust nelle libere economie di mercato. Non servono ad impedire che qualcuno vinca una competizione o che diventi “grande”, servono, invece, ad impedire che qualcuno, approfittando di una vittoria o delle propria grandezza, ostacoli la concorrenza rendendo impossibile la sopravvivenza dei vecchi concorrenti o l’ingresso dei nuovi. Difatti, il quesito che, a Londra, l’Office of Fair Trading pone alla Restrictive Practices Court è semplice e lineare: in Inghilterra, ogni anno, si giuocano 380 partite di calcio in Premier League, è lecito che, in televisione sia possibile vederne solo 60?

Il sospetto è che qualcuno (Murdoch), abusando della propria posizione dominante, abusando, cioè, del fatto di possedere i diritti e di condizionare la locale Lega Calcio grazie al fatto di possedere la più antica e forte squadra, preferisce bruciare risorse, ovvero mantenere diritti su partite che non trasmette, piuttosto che liberarne a favore dei concorrenti. Ecco, questo, se accertato, sarebbe un tipico esempio d’abuso di posizione dominante, ove l’abuso non starebbe nel dominare, ma nel bruciare risorse pur di continuare a dominare.

Il caso italiano è diverso. La polemica riguarda, anche da noi, Rupert Murdoch, a seguito dell’annunciato (ed ancora non perfezionato) acquisto di Stream; ma da noi Murdoch non possiede alcuna squadra di calcio. Differenza non da poco, tenuto presente che, semmai, sono altri due gli editori televisivi che possiedono squadre di calcio. Da noi il putiferio nasce dall’offerta fatta dall’editore australiano, il quale si propone di comperare in blocco i diritti calcio. Ciò può accadere o non accadere, ma non si vede in cosa, tale acquisto, possa nuocere, in sé, alla libera concorrenza.

E’ singolare che dal mondo politico si levino voci tendenti ad affermare un presunto principio per cui nessuno deve possedere il 100% di tali diritti. E perché? Perché mai, in linea di principio, ciò dovrebbe essere negativo, o addirittura un dramma? Fino ad oggi, del resto, è stato proprio così, la novità, semmai, è che adesso vi sono offerte concorrenti. Il che, in termini di mercato, è solo un bene. Sono quelle proposte politiche, semmai, che non si rassegnano a vedere funzionare il libero mercato e si incaponiscono a volerne pianificare la divisione. Sono quelle proposte politiche a violare lo spirito delle leggi antitrust.

A questo si aggiunga che si dovrebbe tenere in prima considerazione l’interesse dei clienti. Ebbene, i clienti hanno interesse a che nessuno dei mezzi televisivi si serva di strumenti esclusivi di decodifica. In altre parole: attorno al nostro televisore non dobbiamo essere costretti ad impilare diversi decodificatori, ma uno solo. Ed in tal senso ci rassicurano, più che gli starnazzii nazionali, le norme dell’Unione Europea. Posto ciò, il cliente ha interesse a che la concorrenza gli porti il più alto numero di partite al minor prezzo. Su questo vigilino le Autorità, e lascino perdere il resto.

Infine: i diritti li vende chi li possiede. Il corretto funzionamento del libero mercato vuole che nessuno sia costretto a vendere a Tizio anziché a Caio; così come che a nessuno sia impedito di vendere a Tizio anziché a Caio. Se Totò ti vende la Fontana di Trevi gli fai causa; se qualcuno acquista la Fontana di Trevi e ne consente la visione solo alle sosia di Anitona, intervengano le Autorità; se possiedi la Fontana di Trevi e ti dicono che puoi venderla solo agli amici del governo, vuol dire che è giunto il momento di cambiare governo.

Condividi questo articolo