Economia

Visco, banche e fallimenti

Visco, banche e fallimenti

Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, s’è tenuto in equilibrio. L’appuntamento annuale con le “considerazioni finali” (costume introdotto da Luigi Einaudi) s’è confermato interessante e utile. Alcune dovrebbero essere note al grande pubblico, specie nella parte relativa ai rischi che comporta, per la clientela, l’eventualità che una banca fallisca. Non è un caso, però, che la parola chiave, quest’anno, sia stata “tuttavia”.

Riassumo liberamente. La ripresa c’è, tuttavia è troppo debole e l’Italia resta al di sotto (alla metà, per essere precisi) della media europea. L’occupazione riprende, tuttavia rimarrà al di sotto della già troppo bassa crescita, mentre al Sud potrebbe essere un miraggio. Le imprese esportatrici crescono bene, tuttavia non crescono abbastanza e hanno pochi margini (fiscali) per la ricerca e innovazione. La politica monetaria sta facendo quanto in suo potere, tuttavia non servirà a molto se i governi non faranno la loro parte. Le riforme avviate sono positive, tuttavia continuiamo a crescere poco perché non si fanno le riforme (giustizia e pubblica amministrazione in primis). E’ bello che si parli di scuola, tuttavia occorre accorgersi che i risultati che oggi consegna al sistema produttivo sono sconfortanti. Sono state approntate le misure affinché la crisi greca non sia contagiosa, tuttavia non si può escludere che contagi. Bene che ciascuno Stato comprenda l’utilità del cedere sovranità, tuttavia conta di più chi i problemi se li risolve in casa. Su questo ha chiuso. Non casualmente. Sottoscrivo, tuttavia c’è il rischio che queste, ancora nella tradizione einaudiana, rimangano “prediche inutili”. Aggravato da una predica sbagliata.

Il governatore ha aperto la sua relazione su un punto che noi sollevammo solitari, insistendovi forse ossessivamente, con il senno di poi a ragione: la rivalutazione del capitale della Banca d’Italia. Gli altri giornali ignorarono la questione. Le cattedre s’allinearono al silenzio. Meritoriamente si batté Massimo Mucchetti, nella veste di (isolato) parlamentare del Partito democratico, che continua a battersi, ma nei panni della sua prima vita, da giornalista. S’opposero i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Marcarono visita quelli della destra e dovrebbero farsi visitare anche quelli della sinistra. Ricordo i termini essenziali: il capitale della Banca centrale era ancora fermo al nominale della fondazione, 300 milioni di lire, 156mila euro; lo si è portato, giustamente, a 7.5 miliardi; ma lo si è fatto nel portafoglio di azionisti che azionisti non erano e non sono. Entro il 2017 nessuno potrà possedere più del 3% di quelle azioni. Banca Intesa ne ha il 44 e Unicredit il 22. Ci fu detto, anche da Visco, l’anno scorso: venderanno. Fin qui (la legge è del gennaio 2014) non è stata venduta una sola azione. Come prevedevamo. Perché non è conveniente comprarle. Dice, ora, Visco: creeremo un segmento specifico del mercato, in modo da rendere liquide quelle azioni. Ciò dimostra che avevamo ragione, infatti se non sono negoziabili, perdendo ogni diritto sopra il 3%, quelle azioni vanno svalutate. E sarebbe un capolavoro della dabbenaggine rivalutare per poi svalutare.

C’è di più. Dice Visco che le banche soffrono e che tra sofferenze e prestiti deteriorati si arriva al 17.7% degli impieghi, una percentuale tripla rispetto a quella del 2008. Ciò obbliga le banche ad accantonare “risorse cospicue”, con un conseguente “vincolo all’erogazione di nuovi prestiti”. Per rimediare serve quella che viene chiamata bad bank, ovvero un contenitore dove mettere la roba andata a male, affinché non infetti il resto. Aggiunge: “proponiamo da tempo iniziative in questa direzione, anche con il concorso del settore pubblico”. Cioè con i soldi del contribuente. Ecco, appunto, forse non era il caso di buttare in tasca a pochi quei 7.5 miliardi, che oggi potrebbero essere utilizzati a quello scopo. Sia se fossero restati nella disponibilità della Banca centrale, sia se, più opportunamente, la rivalutazione si fosse fatta in pancia al tesoro. Gli errori si pagano. Qui, invece, li si fa pagare ad altri.

Apprezzando la riforma delle banche popolari, che da via Nazionale era chiesta da molto tempo, Visco vede con favore una sua naturale conseguenza: la fusione fra istituti diversi. Accorpamenti e crescita dimensionale sono utili. Speriamo non faccia la fine del suo predecessore, cui quella stessa politica fu fatta pagare. Il tutto mentre è aperto l’aumento di capitale del Monte Paschi di Siena, che certo non è fra i successi della vigilanza (Banca centrale prima e Consob poi). Resta il dubbio che accorpare chi è malato di scarso capitale significa intaccare la solidità dell’accorpante. Qui si mette il piede su un terreno scivolosissimo: il mercato interno è troppo piccolo per l’affollamento di banche e sportelli, mentre quello europeo è troppo grande per quasi tutti. Servirebbe una politica bancaria capace di fare dell’Unione monetaria uno spazio d’espansione, non di diluizione.

Senza dimenticare che dal primo gennaio 2016 non solo gli azionisti, ma anche gli altri investitori saranno chiamati a pagare se una banca fallisce. E’ il bail in. Pagheranno gli azionisti, gli obbligazionisti e i correntisti con depositi superiori a 100mila euro. Ma anche chi ha meno non potrà riaverlo indietro subito. Dal primo gennaio ciascuno di noi non depositerà più i soldi in banca, ma li presterà alla banca. Quindi: occhio a chi li prestate. Fa bene Visco a ribadirlo, ma non basta. Sembra quasi dire: se capita una disgrazia, vi avevo avvertito. E avevo già detto che ancora oggi manca sia la legge delega che i decreti attuativi necessari ad adeguare la normativa italiana. E mancano solo 6 mesi! Però abbiamo la legge elettorale da non utilizzarsi prima di un anno!

Faccia di più: pubblichi, in modo leggibile per tutti, lo stato d’equilibrio dei conti e del patrimonio di ciascuna banca, talché i cittadini mettano i soldi non in quella più vicina a casa, ma in quella più lontana dal fallimento. Ho come l’impressione che a un pezzo della plaudente platea di ieri, così felice d’essere lì ad ascoltare il governatore, prenderebbe un coccolone.

Pubblicato da Libero

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