Giustizia

41 bis

41 bis

La sentenza del giudice Sitgraves, in quel di Los Angeles, sembra una burla: non possiamo estradare in Italia un detenuto perché rischia di finire a regime di 41 bis, quindi di subire trattamenti inumani e degradanti. Dall’Italia si è risposto a sproposito, ed il ministro Mastella, che parla di Guantanamo e pena di morte,

mostra di non sapere quel che dice: la prima è una pena, impartita senza tortura (che a molti, me compreso, fa orrore, ma non c’entra nulla con i trattamenti degradanti), il secondo è un carcere extraterritoriale, creato apposta per rendere possibile quel che la legge statunitense vieta. Se ne può chiedere conto ai governanti, ma non certo ai giudici statunitensi.
La cosa burlesca è che il detenuto in questione se ne sta dietro le sbarre, negli Usa, da ventidue anni, scontando una condanna per traffico di droga, senza che a nessuno venga in mente di fargli degli sconti. Lui li chiede, ma non lo stanno a sentire. Da noi è condannato per lo stesso traffico, non ha sulle spalle un ergastolo e, quindi, sarebbe già fuori.
Il 41 bis è un trattamento molto duro, in un certo senso l’altra faccia della medaglia di un sistema giudiziario che non funziona e di un mondo carcerario non impermeabile. Fino al 1992 i boss mafiosi alloggiavano al Grand Hotel Ucciardone senza di molto perdere nel loro ruolo di capi. Ricevevano messaggi, a loro volta li mandavano. Ricevevano beni di ogni genere e tenevano banco dietro le sbarre. Fu il governo di Andreotti, nel 1992, con un decreto di Martelli e Scotti, a dire basta ed introdurre regole dure. Che quel mondo politico sia stato descritto come connivente con la mafia, poi, è un’ulteriore burla macabra.
I detenuti sottoposti a quel regime non possono stare all’aria aperta più di quattro ore al giorno. I presunti innocenti che passano da Regina Coeli non vedono la luce per più di un’ora, e nessuno protesta. Non possono socializzare con più di cinque persone per volta. E’ quasi un lusso, visto che vi sono celle dove s’ammassano più di dieci detenuti. Non possono riceve denaro dall’esterno, né inviarne. Non possono riceve pacchi, se non di biancheria o acquistare generi alimentari. Misure utili ad evitare che siano avvelenati.
Poi ci sono le restrizioni più critiche. Non possono avere colloqui con i familiari, se non uno al mese e di un’ora. Cosa brutta, ma è anche vero che quei colloqui erano utilizzati per continuare a delinquere. Non possono svolgere attività artigianali. E non vedo perché un boss mafioso non possa far vasellame o costruire mensole. Non possono organizzare attività culturali. Mentre ce li vedrei bene a recitar poesie la notte di Natale. Che tutto questo sia disumano, mi pare un’esagerazione.
Ho letto diversi libri che raccontano di esperienze carcerarie negli Stati Uniti, di cui m’è sfuggito l’aspetto paradisiaco e rieducativo. Le celle sono brutti posti, in ogni parte del mondo. Da noi sono bruttissime perché sovraffollate, con servizi igienici pietosi, con attività tendenti allo zero. Magazzini di carne umana. Per giunta trasudano psicofarmaci e droga. In tutto questo il citato 41 bis non c’entra niente, ed il giudice Sitgraves ha preso una bella cantonata.

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