All’inaugurazione dell’anno giudiziario 2000 è sembrata una tragedia: l’Italia, nel solo 1999, era stata condannata 44 volte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Ma 44 condanne sono un’inezia, un niente. Sarebbero potute essere, e probabilmente saranno, dieci, cento, mille volte tante.
Noi de La Ragione abbiamo fatto la nostra parte, distribuendo i moduli per il ricorso, tornando più volte a ripetere che rivolgersi a Strasburgo per vedere tutelati i propri diritti è non solo un diritto, ma un dovere.
Le condanne sono fioccate, come noi avevamo detto e previsto, per l’irragionevole durata dei procedimenti, siano essi penali o civili o amministrativi. Ebbene, c’è qualcuno disposto a credere che i procedimenti troppo lunghi, in Italia, siano solo 44? Sono non solo molti di più, ma sono la quasi totalità. Denunciare questo è un dovere, perché i tempi inverosimili della giustizia italiana sono una condanna per gli innocenti ed una buona cosa solo per i colpevoli. Noi, garantisti fino in fondo, quindi fino in fondo rispettosi delle leggi, crediamo, invece, che gli innocenti abbiano diritto a vedersi al più presto lasciati in pace, mentre i colpevoli debbano al più presto pagare per le loro colpe.
Sentiamo, invece, la musica cacofonica dell’antigarantismo (che è il dispregio delle leggi) che vuole gli innocenti in galera, a scontare pene che non meritano ed abbandonati nelle mani delle procure; che vuole allungare i tempi di prescrizione; che così facendo nega il fondamentale principio della presunzione d’innocenza; ma che non muove un dito per rendere più celeri i procedimenti, più assiduo il lavoro dei tribunali, più efficiente l’amministrazione della giustizia.
Quindi ben vengano le condanne all’Italia, perché sono condanne ben meritate da un paese colpevole di negare la giustizia. E sono condanne comminate sulla base di leggi e trattati internazionali, non di capricci od arbitri. L’onore del paese si salva non adirandosi con chi ci condanna, ma mettendo mano ad un pianeta giustizia già abbondantemente oltre la linea del collasso.
Per questo continuiamo la nostra battaglia, per questo non deponiamo le armi del diritto per combattere contro l’ingiustizia e la negata giustizia. Per questo guardiamo anche all’Europa, a quel che di buono può portarci in termini di diritto, di diritti e di libertà.
Naturalmente, anche noi esprimiamo l’auspicio che il numero delle condanne diminuisca. Ma diminuisca in ragione del fatto che si è stati capaci di eliminarne le cause. In caso contrario speriamo e contiamo che l’Italia sia ancora condannata, molte e molte volte più di quanto non sia già accaduto. Amiamo troppo questo paese per sperare qualche cosa di diverso.