Torno ad occuparmi degli arbitrati, giacché la realtà è talora peggiore di quel che si suppone. Il governo ha inserito nella legge finanziaria una norma che sopprime la possibilità di ricorrere all’arbitrato per controversie riguardanti gli appalti pubblici. Solo che, dati alla mano, sembra essere un modo per approfittare
della malagiustizia.
Se non si potranno utilizzare gli arbitrati, le contestazioni dovranno essere portate davanti al giudice civile, che sentenzierà dopo anni. In quel caso chi ha ragione si vedrà derubato da chi ha torto, sempre ammesso che riesca a sopravvivere societariamente fino al giorno del verdetto favorevole e definitivo. Perché questa è una mossa ostruzionistica dello Stato? Perché negli ultimi due anni lo Stato ha perso 264 arbitrati su 279, pagando ai privati 715 milioni e sborsando 50 milioni aggiuntivi a tutto beneficio degli arbitri. Con solo 15 arbitrati vinti, insomma, lo Stato parte soccombente veste l’abito di Stato regolatore e manda all’aria il tavolo. Spedendo tutto davanti a se stesso Stato giudicante, dove non funziona niente e tutto si ferma.
Ma non basta: dobbiamo alle liti fra Mastella e Di Pietro un’interessante interrogazione presentata dal capogruppo Udeur alla Camera, Mauro Fabris, nella quale (ne dà notizia Sergio Rizzo sul Corriere della Sera) s’illustra la situazione creatasi in uno specifico caso d’arbitrato. La faccenda riguarda la ricostruzione di Macerata e vede contrapposti l’imprenditore Edoardo Longarini ed il ministero delle Infrastrutture. Ci furono anche risvolti penali, che però non influiscono sulle pretese che ancora il privato accampa. Ebbene, Longarini nomina come suo arbitro Vito Gamberale, mentre il ministero punta su Domenico Condello. Quest’ultimo è un avvocato, che probabilmente ha tantissimi meriti e grandissima competenza, ma è noto anche per essere stato candidato dell’Italia dei Valori, il partito del ministro che lo nomina, Antonio Di Pietro. La cosa è esteticamente ributtante, ed è da stabilirsi se il difetto sia solo estetico.
Alla presidenza del collegio arbitrale è stato chiamato il segretario generale di Palazzo Chigi, collaboratore di Romano Prodi, Carlo Malinconico, che s’è riservato d’accettare. I tre membri, come d’uso, saranno lautamente pagati, e ciò significa che due amici dei governanti s’apprestano a lucrare sull’incapacità della giustizia civile di funzionare.
Non si deve esser troppo boccuccia, spiegava Geppetto al figlio legnoso, ma si fa fatica a non sentire un ceto marasma alla bocca dello stomaco.