“Si tratta solo di un atto dovuto”. Raramente il vocabolario dell’insensatezza ha partorito concetti più ripetuti ed insignificanti. Il procuratore Tal dei Tali ha inviato a Tizio un avviso di garanzia, ma precisa che si tratta di un “atto dovuto”. Perché, talora, per caso, si è invece trattato di un atto voluto?
Adesso l'”atto dovuto” è stato compiuto anche nei confronti del governatore della Banca d’Italia, e non è la prima volta che quest’istituzione finisce nella bufera giudiziaria. Successe anche a Baffi e Sarcinelli, con l’arresto di quest’ultimo, ed in una faccenda che li vedeva innocenti. Non di meno quell’indagine, dovuta o voluta?, fece cadere la testa del governatore, che si dimise.
Due considerazioni vanno fatte, una di ordine generale ed una relativa al caso particolare. In generale si dimostra ancora che i costi del non funzionamento della giustizia sono alti. L’avviso di garanzia è stato concepito a tutela dell’indagato, ma, di fatto, per il modo in cui viene emesso e per il modo in cui viene venduto, equivale ad un’anticipazione della condanna. Si tratta di un livello di degenerazione che neanche coinvolge il tema del garantismo: siamo assai più indietro.
L’avviso di garanzia, inoltre, con la sua deturpata disfunzione, arriva qualche anno prima l’eventuale processo. Nel frattempo si è presunti colpevoli. Qualsiasi giornalista può descrivere le supposte malefatte dell’accusato, intingendo la penna nell’abbondante inchiostro che fuoriesce dalle carte d’indagine. Che poi il malfattore sia assolto, e si dimostri che quelle carte erano men che igieniche, è del tutto ininfluente. E neanche interessante, difatti nessuno ne parla più.
Nel caso specifico, il governatore si trovava già al centro di molte polemiche e pesanti accuse, giunte fin dentro il dibattito parlamentare, dalle quali si era difeso negando ogni responsabilità e restituendo il sospetto al mittente. E’ evidente che la faccenda va comunque chiarita, giacché le accuse che son volate attengono direttamente alla trasparenza del mercato economico, e questo è un bene da tutelare. Rispetto a quest’esigenza il clamore dell'”atto dovuto” non giova.
Questo perché il cittadino Fazio ha tutto il sacrosanto diritto di rivendicare la propria rettitudine, e nessuno ha il diritto di dubitarne fino a quando una sentenza definitiva non attesti il contrario. Ma il governatore Fazio è sottoposto non ad un giudizio penale, bensì ad una valutazione politica ed istituzionale. La sovrapposizione crea un cortocircuito, anche perché, capovolgendo la scala delle priorità, si fa credere che sia più rilevante l’indagine penale. Al contrario, invece, la discussione sulle scelte politiche fatte dal governatore deve essere rispettosa, ma libera. Libera anche dai condizionamenti giudiziari