Giustizia

Avviso Mancino

Avviso Mancino

Nicola Mancino, ministro degli interni nel biennio 1992-1994, sostiene di non essere stato al corrente di alcuna ipotesi di trattativa fra lo Stato e la mafia. Avendolo detto nel corso di un processo, ove era stato chiamato quale testimone (quindi con l’obbligo di dire la verità e senza la facoltà di tacere), la procura di Palermo gli ha notificato un avviso di garanzia, supponendo il reato di falsa testimonianza. Il fatto sollecita due riflessioni, che ancora una volta segnalano la differenza che c’è fra lo scrivere la storia e il pretendere che sia incisa nelle sentenze.

Non è contestabile che il governo del quale Mancino faceva parte, per mano del ministro della giustizia, Giovanni Conso, su sollecitazione del capo del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria), Capriotti, a sua volta voluto dal presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, decise di togliere dal carcere duro (41 bis) due affollati contingenti di mafiosi. Conso stesso ha ricordato di averlo fatto per porre un freno alle bombe mafiose, che effettivamente cessarono. Che questo sia avvenuto a seguito di una trattativa non è dato sapere, certo qualcuno deve avere avuto elementi per indirizzare Conso in quel modo, e a quel qualcuno altri, non certo dei damerini, devono averlo comunicato. Tutto questo non necessariamente significa che Mancino stia mentendo, perché la trattativa poteva pure essere in corso e lui non esserne informato. La cosa non deporrebbe a suo favore, non solo per l’irrilevanza ministeriale di allora, ma anche perché visti i ministri e le istituzioni che agirono il non fidarsi di Mancino lascia intendere che temevano altro che non la sua formale e documentata opposizione.

Il punto è, però, che Mancino non nega di avere trattato, nega che si sia trattato. Quindi la questione è ben più che processuale, attiene a una pagina decisiva della nostra storia nazionale.

Può l’avviso di garanzia a Mancino, quindi le indagini che seguiranno, aiutarci a scriverla con meno imprecisioni? Ne dubito assai. Primo, perché le indagini saranno la riproposizione di roba già accertata o già inaccertabile. Secondo, perché non ha molto senso accusare il teste Mancino senza accusare il ministro Mancino. Voglio dire: se nega una trattativa esistente il reato contestabile non è falsa testimonianza, ma la trattativa stessa. E se nega una trattativa inesistente l’accusa è solo il riflesso di un teorema, destinato a restare tale.

Una cosa colpisce: Mancino ha avuto tutto dalla vita politica, ha potuto permettersi di essere un esponente della sinistra democristiana, con una forte propensione al clientelismo, per poi ergersi a censore delle vite altrui, eppure neanche nel mentre la sua esperienza volge al termine, nemmeno trovandosi fuori dai giochi, riesce a trovare il coraggio di una ricostruzione men che manieristica e reticente di un’epoca e un mondo che sembra aver partorito un numero eccessivo di smemorati e di nanerottoli.

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