Conosco diversi avvocati milanesi che hanno fatto gli esami d’abilitazione in Calabria, come, apprendiamo, è successo anche all’attuale ministro dell’Istruzione. Non ho mai risparmiato loro adeguate prese in giro, ma osservo che la meritocrazia c’entra poco e nulla. Eduardo De Filippo raccontò che “gli esami non finiscono mai”, si deve aggiungere che alcuni sono proprio inutili. La meritocrazia deve valere negli studi, in modo che chi sa e capisce vada avanti e chi non è portato vada altrove. E deve valere nella professione, talché chi è più capace a difendere gli interessi dei clienti ne abbia più numerosi e meglio paganti. L’esame si pone in mezzo, ed è solo una difesa della corporazione contro il libero accesso, salvo il fatto che non funziona, perché in Italia c’è un numero spropositato e patologico d’avvocati, tanto che non tutti lo fanno veramente.
Le migrazioni di un tempo, con viaggi verso lande lassiste e tarocche, testimoniavano la ridicolaggine del sistema. Il problema, però, non è risolto sorteggiando la sede che esamina i temi, perché così si è solo ottenuta la promozione di quelli che, altrimenti, sarebbero stati bocciati, e viceversa. E’ meglio di prima, ma non un gran salto di qualità. Se si vuol mantenere questo filtro lo si deve aggiornare culturalmente, passando dai temi ai questionari, riguardanti il diritto e più ancora la procedura, che possano poi essere esaminati da computer con lettori ottici. Testo unico, tempi stretti, consegna immediata. So che si riuscirà ad imbrogliare anche così, ma meno.
Perché s’imbroglia? Qualche demente per il titolo, i più numerosi per una rendita di posizione, per entrare nell’immensa macchina burocratica che moltiplica le cause ed è stitica di sentenze. Siccome va per la maggiore, ed è giusto, la trasparenza nella pubblica amministrazione, non vedo perché non ci debba essere anche nelle professioni: quante cause segue ciascun avvocato, quante ne vince e quanto guadagna? Se lo sapessimo scopriremmo che gli avvocati (veri) sono assai meno degli iscritti all’albo, compresi i falso-calabri, e che alcuni dei più famosi sono delle disgrazie per gli assistiti. Se ci fosse trasparenza s’incoraggerebbero i meglio laureati ed i più bravi all’abilitazione, ma si dovrebbe combattere contro l’italica legione dei furbi.