Giustizia

Azzolini: indovinare sbagliando

Azzolini: indovinare sbagliando

Il caso Azzolini è chiuso, tutto il resto rimane aperto. E fa una pessima impressione. I commenti che leggo sono in politichese. Non ci si cura della giustizia. Quella che riguarda tutti. Sembra sfuggire che ora è tutto più imbastardito e difficile, sia sul fronte delle garanzie che su quello dell’insano scontro fra politica e giustizia.

Partiamo dall’affermazione di Matteo Renzi, che non è parlamentare, non ha votato sulla faccenda, ma è capo del governo e del partito di maggioranza: “non facciamo i passacarte della procura”. In politichese sono pronto ad applaudire, ma in giuridichese è una gran bischerata, perché l’arresto non è mica disposto dalla procura, bensì dal giudice dell’indagine preliminare. Ci sono, quindi, tre possibilità: a. Renzi usa il linguaggio da bar, per farsi capire (con il risultato di eleggere a bar le istituzioni); b. in realtà voleva dire che il gip è un passacarte, i cui provvedimenti devono poi essere esaminati dal Parlamento; c. non conosce la differenza. La sola risposta virtuosa sta nel centro, ma apre un altro tragico problema.

Dicono molti senatori d’essersi convinti a votare contro l’arresto, di Antonio Azzolini, dopo avere letto le carte. A parte che non le hanno lette e che, comunque, significa che i loro colleghi della giunta per le autorizzazioni a procedere non avevano letto manco i riassunti, mi resta un dubbio: è che ci hanno letto? Da quel che dichiarano e commentano ci hanno trovato una motivazione insufficiente, circa la richiesta di arrestare un senatore. Il concetto è reso più forte dal vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini: “quando si chiede un arresto serve una motivazione solida”. Tutto giusto, salvo un dettaglio: il Parlamento mica deve decidere su quello, mica è un grado di appello. Il voto dei colleghi parlamentari, quindi l’originaria immunità, sconsideratamente tolta dalla Costituzione, serve non a esaminare le motivazioni procedurali di un arresto, ma a tutelare il ruolo del Parlamento, quindi la libertà del parlamentare. E’ consustanziale alla libertà di tutti, non di uno. Per questo negare un arresto (o, in passato, un’indagine) equivale a dire che quei magistrati sono dei persecutori, perché questa è la sola seria ragione per opporre il rifiuto.

Ammettiamo che abbiano letto le carte e che non ci abbiano trovato fondate motivazioni. Posto che se Azzolini non fosse senatore sarebbe in galera, l’elefantiaco problema su cui i colleghi hanno sbattuto il muso è che un cittadino italiano può essere sbattuto in galera senza seri motivi. Non pare loro che varrebbe la pena occuparsene, senza puntare alle vacanze avendo salvato la ghirba di un senatore? Nulla è più lontano da me della biascicata lamentazione castale, però, e che cavolo, se hanno appurato una cosa simile mica possono chiudere la questione con un rifiuto all’arresto.

Anche perché, sembra che tutti se ne siano già dimenticati, il Parlamento ho varato, tre mesi fa, una riforma della custodia cautelare, scrivendoci che deve essere motivata, senza che il gip copi le ragioni della procura; che i pericoli (fuga, inquinamento, reiterazione) devono essere non solo concreti, ma attuali (lo stava facendo); e che il carcere è proprio l’estrema misura, da prendersi in via eccezionale. Un successone. Avrebbero, almeno, potuto votare un ordine del giorno, da trasmettere al Csm: tutti gli ordini di custodia cautelare emessi prima della riforma e non ancora eseguiti, siano rivisti alla sua luce. Si chiama favor rei e lo si denomina in latino perché è in vigore da qualche secolo.

Sono convinto che quella richiesta d’arresto dovesse essere respinta. Ma l’aspetto patologico è che sia arrivata fino in Parlamento e che colà sia stata discussa sul piano e sui temi sbagliati. Il che porta all’ultima considerazione: ciò incrudelirà lo scontro. Visto che il Parlamento pensa d’essere un grado d’appello, per soli parlamentari, e visto che entra nel merito della procedura e delle sue motivazioni, deragliando dal proprio ruolo, il fatto che non chini vile la testolina, assecondando tutte le manette, ma la erge capovolta per negarne una, questo spinge a spedirgli richieste analoghe. Perché il giudice che le dispone non rischia nulla, anzi è deresponsabilizzato da un esame fuori luogo, e ogni volta la maggioranza dovrà perdere un parlamentare o rassegnarsi a perdere voti per come lo tutela. Perché la maggioranza? Perché se sono in minoranza li arrestano tutti, visto che la colpevole e trinariciuta ignoranza sulle guarentigie democratiche non è compensata dalla più immediata e materiale convenienza. Una corrida, al cui fascino ci sono toghe che non reggono.

Pubblicato da Libero

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