Abbiamo già parlato del Breganze e del breganzone. Si tratta, per chi non lo ricordi, delle due leggi in base alle quali basta entrare in magistratura come uditore per avere la matematica certezza di essere un eccelso giurista e di far carriera fino alla Cassazione. Il tutto senza mai dovere dimostrare a nessuno di avere fatto un buon lavoro.
Per la verità financo coloro che dovevano approvare queste leggi non è che le condividessero e così Francesco Cossiga e Giuseppe Gargani, correva l’anno 1973 (per il breganzone, mentre la Breganze risale al 1966), si recarono dal segretario della DC, Flaminio Piccoli, per manifestare il loro dissenso. Per carità, li esortò il segretario, “se questa legge non passa, quelli ci arrestano tutti”. La legge passò, questo non li salvò dall’arresto.
Ora, grazie al lavoro di Antonio Galdo (“Guai a chi li tocca”, Mondadori) sappiamo quel che dice Massimo Breganze, figlio dell’onorevole Uberto: papà si era quasi pentito, visti gli effetti della legge. E come dargli torto? in trenta anni solo tredici magistrati sono stati giudicati scarsamente idonei, gli altri sono passati tutti. Vien quasi voglia di conoscerli, quei tredici.
L’autore sottolinea anche altre cose che, benché note, vale la pena ricordare. Il Consiglio Superiore della magistratura è un organo istituzionale, incaricato dell’autogoverno e pilastro dell’indipendenza della magistratura. L’Associazione Nazionale Magistrati, invece, è un sindacato, peraltro assai politicizzato. Ebbene, guarda un po’ il caso vi troviamo spessissimo le stesse persone e, per la precisione gli ultimi sette presidenti dell’ANM, nel corso dell’ultimo decennio, hanno in comune l’essere tutti stati componenti del CSM. Si tratta di un autogoverno sindacale che neanche la Jugoslavia di Tito avrebbe immaginato.
Il record tocca alla dottoressa Elena Paciotti: comincia come dirigente sindacale, quindi entra a far parte del CSM, da dove, poi, trasloca alla presidenza dell’ANM; da qui si trasferisce al parlamento europeo, eletta nelle liste PCI-PDS-DS. L’indipendenza, come si vede, è in buone mani.
Ma i collegamenti non si fermano qui. Francesco Misiani, detto Ciccio, raccontò che il CSM spartisce i posti di sostituto procuratore, fra le diverse correnti politiche dei magistrati, sulla base dei voti raccolti nelle elezioni dell’ANM. Nessuno ha mai sentito il bisogno di smentirlo. Chiunque pensasse alla lottizzazione, ed alla spartizione di materiale istituzionale, sarebbe fuori strada. Si tratta della sacra tutela dell’indipendenza.
Una volta Piercamillo Davigo, magistrato presso la procura di Milano, descritto dai laudatori travestiti da giornalisti come la “mente fine” del pool, affermò che: noi magistrati siamo “i migliori”. I pochi elementi che qui abbiamo ricordato lo confermano. Aggiungerei che sono imbattibili.