Giustizia

Buonsenso in prescrizione

Buonsenso in prescrizione

Deve essere andato in prescrizione il buonsenso, visto che detenendo il record europeo di condanne per l’irragionevole durata dei processi, governo e magistratura associata s’industriano a trovare un accordo su come farli durare più a lungo. Anzi, a sentire alcune delle toghe (ma dove hanno studiato diritto?), si potrebbe anche renderli eterni. Attorno all’allungamento dei tempi della prescrizione, inoltre, si coltivano due pericolosi pregiudizi: il primo consiste nel far credere che aiuterebbe a punire i colpevoli; oltre che, ed è il secondo, a rendere vane le manovre dilatorie della difesa. Non sono solo falsi, sono dimostrazioni di bassezza culturale.

La prescrizione non è il periodo oltre il quale il colpevole scade, sicché non si può più mangiarlo, ma il tempo limite di validità per la pretesa punitiva dello Stato. Esiste dai tempi del diritto romano perché era ed è chiaro, a chiunque usi il buon senso e lo accompagni con qualche nozione di diritto, che se non ci fosse un limite quella pretesa punitiva sarebbe essa stessa la punizione, al punto da diventare irrilevante l’accertamento della colpevolezza e il riconoscimento dell’innocenza. Se lo Stato ti accusa di avere rubato o cospirato, deve essere in grado di dimostrarlo. Se non si fissa un limite entro il quale debba farlo l’intero diritto perde significato, perché ti accuserà, ti renderà imputato, dopo di che potrà lasciarti per lustri in quella condizione. I gazzettieri del giustizialismo potranno scrivere, per decenni o per sempre: il Tizio è sotto processo. Come a dire: mo lo condannano. Ma mo quando?

Se sei ricco e potente pagherai una squadra di avvocati e ti doterai di amici influenti, incaricati di ricordare, di tanto in tanto, che sei un innocente, visto che nessuno ti ha condannato. Non è bello, ma si campa ugualmente. Se sei un povero disgraziato nessuno ti si fila, in compenso dovrai pagare la tua difesa per decenni, riducendoti in miseria nell’attesa che qualcuno si decida a stabilire se sei colpevole o innocente. Quindi: un processo penale senza limite di prescrizione è un monumento all’inciviltà dispotica. Trovo molto, ma molto preoccupante che magistrati in carica sostengano l’opportunità di cancellare quel termine, se solo c’è già stato il rinvio a giudizio. E reitero la domanda: in quale madrassa studiarono diritto?

Rivelatrice l’intenzione, cancellando la scadenza, di stoppare il cavillare dilatorio delle difese. A parte il fatto che la grande maggioranza delle prescrizioni si verifica nel corso delle indagini preliminari, quando la difesa conta come il due di coppe quando la briscola è a bastoni, ai sostenitori di quella tesi devono essere sfuggiti due dettagli: a. la difesa ha posizione e ruolo processuale pari all’accusa, senza difesa non esiste processo, quindi giustizia, se un cavillo è inutile si cancella il cavillo, per il resto il difensore non ha il diritto, bensì il dovere di difendere l’imputato; b. uno dei cavilli che porta più frequentemente alla prescrizione, con un processo in corso, è praticato dall’accusa, dalle procure, e consiste nel derubricare (diminuire la gravità) i reati contestati, in questo modo cercando di evitare la sconfitta mediante la prescrizione.

Fin qui il diritto. Poi viene la politica, che oggi presenta un quadro del tutto diverso: datosi che alcune toghe hanno caricato a pallettoni contro il governo, e dato che il governante risponde per le rime, occorre trovare una composizione, ridurre i danni del conflitto, praticando un qualche accordo. Sul terreno delle intercettazioni lasciando agli accusatori di stabilire cosa potrà essere pubblicato e cosa no, su quello della prescrizione, giusto per non cancellarla del tutto, aumentandola di tre anni, secondo la proposta del ministro della giustizia. La prima cosa è del tutto inutile, perché è già così. La seconda è patetica. Tanto tremula quanto sciocca. Comunque a tutto danno dei più deboli.

Ne parleremo ancora a lungo, come sempre capita ai problemi che non si sa o non si vuole risolvere. Ma, giusto per non tralasciare il progressivo ridursi e immiserirsi della classe dirigente italiana, nel suo insieme, è significativo il silenzio delle cattedre, il tacere di chi il diritto dovrebbe insegnarlo. Forse, appunto, il ruolo e l’aspettativa hanno mandato in prescrizione il buonsenso.

Pubblicato da Libero

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