Giustizia

Che pena

Che pena

Magistratura democratica ha da ridire sulla decisione relativa all’affidamento ai servizi sociali di Silvio Berlusconi. La pena non sarebbe, a loro avviso, abbastanza afflittiva. La pena stessa, del resto, così come modulata in sede d’applicazione, prevede che il condannato non critichi la magistratura. Singolare contorsione corporativa, giacché, evidentemente, i magistrati ritengono di potere essere criticati solo da altri magistrati. Le critiche di Magistratura democratica si dirigono contro colleghi, che quella pena hanno valutato adeguata e coerente.

Non basta, perché, oramai, non c’è salotto televisivo dal quale non giunga la considerazione secondo cui la pena sarebbe praticamente inesistente, per non dire farlocca. Posto che vale l’obiezione di cui sopra, ovvero che è stata stabilita da giudici, non dai passanti, su cosa si basa tale considerazione? Sul fatto che non è una gran pena passare qualche ora la settimana in un posto ove soggiornano delle persone anziane. Deve essere sfuggito che non è solo questo, perché il condannato è sottoposto, quotidianamente e sempre, a limitazioni della propria libertà personale, così come sono limitati gli spostamenti, perché ove non rientrino fra quelli preventivamente concordati devono essere esplicitamente autorizzati. Non è poca cosa. Certo, è stata garantita l’agibilità politica. Detta in maniera meno oscura: la possibilità di fare la campagna elettorale. Anche questo non è poco. Ma vorrei si riflettesse su cosa sarebbe potuto significare il contrario, ovvero togliere la parola a un leader politico.

Ancora più in generale, però, quelli che si lamentano lasciano intendere che la pena è troppo poco, che dovrebbe essere più penosa e che, infatti, tale è per tanti comuni mortali. Sicuri? Forse è sfuggito che per evitare altre incresciose condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sono state scarcerate legioni di detenuti, e che altri ancora usciranno nelle prossime settimane. Persone condannate a pene detentive. E forse è sfuggito che la via della pena alternativa è imboccata per le condanne fino a quattro anni, non solo per un anno. Quindi non i “poveri disgraziati”, ma i disgraziati criminali hanno un più favorevole accesso all’uscita dal carcere. Già, si obbietta, ma poi i servizi sociali sono ben altra e più pesante cosa. E chi lo ha detto? ma credete sul serio che ci sia abbastanza controllo su quelle pene alternative? Generalizzare è sempre un errore, ma ne conosco tanti che, in buona sostanza, devono solo evitare di commettere altri reati.

Non vorrei essere frainteso: sono favorevole alle pene alternative (assai meno a scarcerare i condannati e lasciare in cella gli innocenti, come sta succedendo). Il fatto è che, nell’inferno della nostra malagiustizia, la pena è assai più probabile e pesante durante le indagini che non dopo le sentenze; che la carcerazione diventa assai più dolorosa di quel che dovrebbe, a causa delle condizioni invereconde in cui si trovano molti (non tutti) carceri; e che, in fondo, il nostro grande guaio è che il giudizio è la pena, mentre la condanna il preludio per evitarla. Vuoi con l’incapacità di farla scontare, vuoi con gli sconti per propiziare lo sfollamento. L’inganno retorico del caso Berlusconi consiste nel far credere che certe cose succedano a lui perché si tratta di un privilegiato e un protetto (evidentemente non abbastanza, vista la condizione giudiziaria in cui si trova), mentre, invece, la consuetudine di certe pratiche dimostra quanto noi tutti si sia afflitti da mancanza di giustizia. Il Paese ove si teorizzò che non la durezza, ma la certezza della pena disincentiva dal crimine, è divenuto quello in cui la pena è il sentimento più adeguato a valutare la giustizia.

Pubblicato da Libero

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