Giustizia

Che pena

Che pena

Andrà a finire che ci terremo la malagiustizia e aboliremo la pena. Tutto partendo dal (reale e drammatico) problema del sovraffollamento delle carceri. Una bozza di decreto legge prevede sconti di pena che salgono da 45 a 60 giorni per ogni semestre scontato e liberazione anticipata, sempre in caso di buona condotta, per chi ha un residuo pena di 3 anni, o di 6 se si tratta di tossicodipendenti. Questi ultimi avviati ai lavori socialmente utili, laddove, se sono tali, forse sarebbe saggio pensare alle comunità di recupero. La pena potrà essere sospesa anche nel caso restino da scontare fino a 4 anni agli arresti domiciliari. Tutto, ripeto ed è il problema, sulla base del sovraffollamento e non di una diversa politica penitenziaria. Anche perché siamo lo stesso Paese, con la stessa classe politica, che voleva cancellare la legge Gozzini (regolante l’ordinamento carcerario) dopo che s’era soffiato sull’indignazione popolare per alcune scarcerazioni anticipate.

Non sapendo cancellare le ingiustizie si procede a cancellare parte delle pene. Anzi no, per essere più precisi: la pena consiste nell’essere indagati, poi nel beccarsi dieci anni di processo, se il reato presupposto ha l’aggravante della spettacolarità si subirà la pena accessoria della pubblicità, consistente nella pubblicazione ed esposizione al pubblico ludibrio di tutte le proprie telefonate, quindi poi alla trasmissione in video-streaming delle arringhe d’accusa, ergo alla pubblicazione di tutte le richieste del pubblico ministero, spacciate già per condanne e, infine, ove mai non ti assolvano, ove il tempo che hanno perso non comporti la prescrizione (così evitano di sentirsi dire che anni d’inchieste e lustri di processi sono fondati sul nulla), ove, insomma, ti condannino, a quel punto basta, hai già scontato, e in ragione del sovraffollamento delle carceri una bella pacca sulle spalle e che il cielo t’accompagni. Stanno lavorando a questo capolavoro.

E’ vero che pende sull’Italia la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo, che considera incivili le nostre carceri, ma è anche vero che pendono mazzi di loro condanne per l’incivile durata dei processi. Solo che liberare i condannati, quindi sfollare le galere, è considerato più facile e fattibile che non far funzionare la giustizia. A chi sembri surreale tale raffigurazione suggerisco di leggere la risposta che il ministro Anna Maria Cancellieri ha dato a chi la interrogava (Michele Brambilla, per La Stampa) sull’abolizione dell’ergastolo: “… bisognerebbe sentire anche le vittime di coloro che sono stati condannati all’ergastolo …”. Ma non sono morti? Ci sono ergastolani le cui vittime deambulano? O il ministro si riferisce (senza dirlo) ai loro familiari, introducendo un pezzo d’islam nel nostro ordinamento? Totalmente assurdo.

Anziché mandare anticipatamente a casa quelli che sono stati condannati, facendolo per inseguire l’emergenza permanente e non risolta della mancanza di posti, suggerisco soluzioni diverse. I detenuti sono 66.000, mentre la capienza carceraria è 40.000; fra il 35 e il 40% sono in attesa di giudizio (fra i 23.100 e i 26.400 non stanno scontando una pena); il 19% (12.500) non ha neanche una condanna di primo grado. Da ciò deriva che i detenuti che stanno scontando una pena sono in numero perfettamente compatibile con la capienza carceraria, ma c’è una massa di persone che stanno attendendo d’essere giudicate. Se ci avviamo sulla strada descritta dal governo, come avvenne quando si varò l’indulto, otterremo un risultato paradossale: metteremo fuori i condannati e terremo dentro dei non condannati, quindi giuridicamente innocenti.

Fra questi ci sono certamente soggetti pericolosi, che è bene trattenere anche in attesa del giudizio (sono gli stessi casi per cui, ad esempio, negli Usa non è concessa la cauzione), ma è escluso che siano così numerosi. Per distinguere, però, occorre far funzionare la giustizia. E qui si torna a bomba: se non si ha il coraggio di scalfire le corporazioni togate non c’è rimedio che tenga, saremo sempre punto e a capo. Quali sono le soluzioni, su quel versante, lo abbiamo scritto molte volte e a quelle proposte rimando.

Non basta: un terzo dei detenuti è extracomunitario. Fra questi ci sono criminali pericolosi, ma anche una massa di disperati che non abbiamo cacciato in quanto clandestini (come si sarebbe dovuto), ma li abbiamo arrestati in quanto ladri. Rimedio: rimandiamoli a casa. Il ministro Cancellieri fa due obiezioni: a. non di tutti conosciamo il Paese d’origine; b. occorre il loro consenso perché scontino lì la pena. La prima categoria non può essere così numerosa. In ogni caso: se non sappiamo da dove vengono è segno che non ce lo dicono, consideriamola aggravante pesante e facciamo passare la voglia di fare i misteriosi. In quanto al consenso, se ne deve fare a meno. Fuori dalla categoria dei rifugiati politici (che sono un problema internazionale e non solo nostro) non è che entrare in Italia possa equivalere all’essere mantenuti, magari in carcere.

In quanto a depenalizzazioni e pene alternative, concordo. Ma se ne ricordino quando poi votano in massa per l’arresto obbligatorio degli accusati (non dei colpevoli) di stupro, o altri reati alla moda del forconismo. Perché il fanatismo troglodita dei propagandisti fa danni incalcolabili.

Svuotare le carceri con provvedimenti emergenziali equivale a raccattare l’acqua dal pavimento senza chiudere il buco nelle condutture: vai avanti in eterno. Il buco è nella giustizia. Quando lo avremo tappato, cosa per cui occorre più volontà che tempo, più determinazione che saggi, allora varrà la pena di prendere in considerazione l’amnistia. Che è provvedimento sovranamente ingiusto, ma, almeno, avrà il senso di rimettere la giustizia in condizioni di funzionare. Il resto non è solo pannicello caldo, sono anche zuppo di maleodorante ipocrisia.

Pubblicato da Libero

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