Giustizia

Chi paga? Noi tutti

Chi paga? Noi tutti

Non è elegante ricordarlo, ma noi lo abbiamo detto e scritto in tutte le salse: la competenza della procura napoletana, per il reato presupposto di estorsione, era assai dubbia e, nel dubbio, l’intero procedimento proseguiva a beneficio dello spettacolo (desolante). Ora arriva la decisione del giudice delle indagini preliminari, che conferma le nostre riflessioni e stabilisce che la competenza, ove mai il reato esista, è di Roma. Come volevasi dimostrare. Siamo soddisfatti? No, all’opposto, siamo indignati che una simile evidenza sia stata ignorata dai magistrati della procura e dai tanti pensosi scandalizzati, per i quali frugare nelle mutande di uno ha valore e interesse superiore allo sfogliare, leggere e rispettare le leggi di tutti.

Siamo arrivati al punto di una procura che si esprimeva con ultimatum, che fissava il giorno e l’arco temporale entro cui esigeva una risposta. Ma dov’è, nella legge, la pezza d’appoggio di una simile condotta? Siamo arrivati all’orrore di giuristi che impartivano lezioni sul dovere di testimoniare, laddove era solare che il tentativo era solo quello di verbalizzare un indagato facendo finta che sia una parte lesa. Ma se ti dicono che sei parte lesa e tu non ti senti leso, non sorge il dubbio che qualcuno stia barando? Se bara il cittadino lo si coinvolge nell’indagine, senza star lì a cincischiare. Ma se bara la procura? E vabbé, sento dire, ma non è che la condotta dell’intercettato fosse poi ammirevole. No che non lo era, ma le cose non stanno, neanche lontanamente, sullo stesso piano.

Ieri ricordavo che l’inchiesta “Cassiopea”, meglio nota per avere fatto da spunto a Gomorra, è finita in udienza preliminare, con le prescrizioni. In qualsiasi Paese sensato, in qualsiasi sistema di diritto, se ne chiederebbe conto ai magistrati, non agli imputati. Ma anche senza voler sofisticare sul fatto che con la metà di quelle intercettazioni telefoniche Napoli sarebbe oggi priva di spacciatori e contrabbandieri, anche senza uscire dall’esame specifico di questa inchiesta, è evidentissimo che tutto il danno possibile è già stato provocato, salvo che la giustizia, quali che saranno i suoi esiti, è rinviata a data da destinarsi. Si sono rivelati fatti personali di decine di persone, s’è aperta la sentina di un guardonismo che pretendeva di vestire i panni della morale, s’è giunti a provocare guasti internazionali pur di pubblicare quel che sarebbe dovuto servire ad ottenere risultati politici, il tutto per riuscire ad accusare la presunta vittima, salvo accorgersi di quel che noi poveri analfabeti, che ancora cerchiamo i vocaboli nel dizionario e le leggi nel codice, avevamo detto subito: l’inchiesta è radicata in modo illegittimo.

Questa farsa giudiziaria ha perseguito due fini: il processo in piazza e la caduta del governo. E, si badi, il fine politico, ovvero la caduta del governo, è in sé legittimo. Ma cercare di giungervi in quel modo è un crimine contro la democrazia.

Domanda: ora, chi paga? So quel che vi siete già risposti: nessuno. E vi sbagliate. Questa giustizia alla deriva del giustizialismo, queste procure trasformate in set di “saranno famosi”, questi tribunali che agguantano le sentenze in tempi buoni per la storia, li paghiamo tutti, trasformandoci in un vero paradiso dei colpevoli, in un’eterna pacchia per gli irresponsabili, nella gran festa degli intoccabili. Ieri abbiamo saputo che una signora giudice delle indagini preliminari, amante della vela e che faceva il giro nel mondo nel mentre si faceva versare lo stipendio e mancava dal lavoro presentando certificati falsi, ha subito le seguenti, pesantissime sanzioni: a. il trasferimento; b. una multa di valore pari a una mensilità. La prima dal Consiglio superiore della magistratura, la seconda dalla Corte dei conti. E una simile vergogna passa in cavalleria, quasi una normalità. E se noi reclamiamo, come abbiamo sempre fatto, che i magistrati siano responsabili delle loro azioni, ci sentiamo rispondere: volete controllarli. No, vogliamo poterci fidare. E oggi non ci fidiamo.

Chi pensa che tutto questo succede solo perché Berlusconi è un crapulone, o solo quando ci sono interessi politici, faccia un giro in tribunale, guardi i dati sulla durata dei procedimenti, s’informi su quanti innocenti si trovano in galera, e prenda atto che questa macchina infernale massacra, ogni giorno, diritto e diritti, nelle carni dei cittadini. Compresi, ovviamente, quelli che reclamano giustizia.

Berlusconi ha delle colpe? Tante, ma la prima, in materia, è quella di avere lasciato scorrere due legislature senza affrontare seriamente il problema della giustizia. Non ha potuto, dicono i suoi. No, troppo comodo: non è stato capace. S’è fatto inchiodare dalle sue debolezze, ha subito il ricatto, ha tentato di sfuggire i giudizi e non s’è reso conto di quanto popolare, oltre che giusta, sarebbe stata la ripulitura di una piaga che nausea e affligge tutti. Questa è la sua colpa politica, assai più grave di quel che il moralismo senza etica ha messo sulla bocca di tutti.

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