Giustizia

Chi, sul banco degli accusati?

Chi, sul banco degli accusati?

L’assoluzione di Silvio Berlusconi ha acceso un dibattito di cui non condivido quasi niente. La viltà è un sentimento umano, ma con gli errori si devono saper fare i conti. Silvio Berlusconi, intanto, non ha torto ad inviare una lettera in cui nota la dismisura fra gli spazi ed i toni con cui è stata comunicata l’apertura dell’indagine e l’incriminazione, rispetto a quelli usati per la sua definitiva assoluzione.

Ma avrebbe avuto più ragione a notare che il suo è il caso di una persona sotto i riflettori, certo non incapace di far sentire la propria voce, mentre migliaia di italiani finiscono sputtanati in prima pagina senza che di loro si sappia più nulla, che vale a dire non si sa più nulla della loro assoluzione. La lamentela ha un fondamento, ma da un uomo che ricopre quella posizione ci si aspetta che la interpreti a nome e per conto delle molte vittime. Vittime di che? Si certo, di una magistratura ammalata di protagonismo e non aliena dal giuocare un ruolo politico. Ma vittime, soprattutto, di un giornalismo servile e velinaro, incapace di riconoscere i propri errori.

Da sinistra si è fatto notare che Berlusconi è stato assolto, ma non altrettanto può dirsi degli uomini che lavorano per lui. Meschinelli, questi uomini di una sinistra da se stessa umiliata, non si rendono conto che l’avere usato in maniera impropria ed incivile l’arma giudiziaria toglie loro, oggi, ogni credibilità in materia. Suvvia, Berlusconi è stato aggredito per interposta toga, è stato invitato a tacere ed a procurarsi un buon avvocato. Lo ha fatto ed ha vinto. Ed ancora una volta la sinistra viene seppellita dalla sua stessa incapacità di pensare e prevedere.

Il fatto è che utilizzare, com’è stato abbondantemente fatto, l’arma giudiziaria nella battaglia politica toglie spazio alla riaffermazione della moralità della politica. Quel che oggi la sinistra dice lo si sarebbe potuto sostenere se, a suo tempo, essa non si fosse esercitata nella distruzione degli avversari politici, se, a suo tempo, avesse mostrato cultura delle garanzie e dello Stato, avesse saputo attendere l’esito dei processi e non avesse elevato gli avvisi di garanzie a condanne di un uomo, di un partito, di un mondo e di un’epoca. A fronte di questa tragedia, de quest’errore impressionante, fanno ridere le miserrime questioncelle che tirano oggi fuori da un cilindro sfondato. Al deviazionismo giudiziario, alla demolizione del diritto e dei diritti abbiamo, in questi anni, dedicato attenzioni e riflessioni. Oggi non sentiamo il bisogno di aggiungerne altre, e sembra erroneo che si sposti, proprio adesso, l’attenzione sulla magistratura quando, invece, è la politica, è il giornalismo che dovrebbero sentirsi sul banco degli accusati. Sulle questioni di diritto il tempo ha dato ragione a noi e torto a quanti volevano darci lezioni di moralità. Peccato, che non siano in grado di comprendere fino in fondo la lezione.

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