Giustizia

Chiudere la guerra

Chiudere la guerra

C’è un clima pericoloso, reso drammatico dall’assenza di consapevolezza. Per questo mi rivolgo a Piero Grasso, dopo avere letto una sua intervista nella quale afferma che la legge Severino sulla concussione “produce solo guai”. Quella è una legge disonesta, di cui qui mettemmo puntualmente e anticipatamente in luce i difetti. Ma Grasso è oggi un senatore eletto dal Partito democratico. A me non piace affatto che i magistrati passino direttamente dalla toga al seggio e, per nulla tacere, trovai assai disdicevole il passaggio dalla procura nazionale antimafia alla politica. Così si distrugge quel che resta del senso dello Stato. Ma, appunto, oggi Grasso è senatore e non può sottrarsi alla responsabilità politica: quella legge fu voluta dal partito che lo ha eletto ed è servita a far prescrivere le accuse nei confronti del più stretto collaboratore (Filippo Penati) di quel segretario di partito che a Grasso ha offerto il seggio, Pier Luigi Bersani. Ora tocca a Grasso compiere atti politici.

Quando scrivevo del perché quella legge sarebbe stata nefanda lo facevo in una situazione in cui si era additati, dagli stessi che hanno eletto Grasso, quali complici di corrotti e malfattori. Ci rispondevano che era ora ci fosse una legge contro la corruzione, come se la corruzione non fosse reato di già. La buttarono in caciara, provocando una danno al diritto. La legge, al contrario di quel che afferma Grasso, non funziona neanche sul lato del “traffico d’influenze” (perché un Paese che non regolamenta l’attività lobbistica in quel modo criminalizza tutto), né su quello della corruzione fra privati (che non è reclamato da nessuna Europa, che è rifiutato dai tedeschi e che diventa suicidio collettivo se abbinato all’obbligatorietà dell’azione penale). Quindi, alla fine, il succo di quella legge consiste nel far diminuire la pena massima per la concussione e, quindi, prescrivere i processi in corso. Il che non ha più rimedio, perché anche se la si ricambiasse, come Grasso suggerisce, non di meno quegli imputati sono salvi. Il che conta poco, mentre conta assai di più che in nessun processo si chiarirà la dinamica delle tangenti, nonché l’identità di complici e beneficiari.

Questo avviene nel mentre in un processo milanese si vuol sapere se baciando una persona s’è spatolato o meno con la lingua. Mentre un ricovero ospedaliero non è ritenuto dall’accusa causa sufficiente per mancare all’udienza. Con una condanna per violazione del segreto istruttorio non inflitta ai magistrati infedeli e ciarlieri, passanti quotidianamente veline alla stampa, ma a due cittadini che quel materiale ricevettero. In un’Italia in cui una procura osa aprire un procedimento per voto di scambio avendo una parte politica (sempre la stessa) promesso il rimborso dell’Imu. Che è la stessa Italia in cui si può essere indagati per avere pressantemente indotto un senatore a cambiare fronte, laddove è nobile averlo fatto con il presidente della Camera (la cui alleanza con una lista che aveva solo da perderci, tenendoselo vicino, è sintomo di un debito da pagare). EccoLe, senatore Grasso, il problema: in questo modo si soffia sul fuoco della guerra civile.

Su questo giornale, certo non ostile al centro destra, ho scritto duramente contro l’idea di convocare una manifestazione contro la malagiustizia. Non che non la veda, ma credo sia un errore. Il Pdl ne ha modificato l’oggetto, allargandolo ad altri temi. Resto della mia opinione, e qui posso scriverla: non si convoca la piazza nel mentre sono aperte le consultazioni al Quirinale. Però, senatore Grasso, neanche Lei può credere che si possa fare il senatore eletto dal Pd e rilasciare interviste in cui ci si dà ragione fuori tempo massimo e dopo che quel partito ne ha approfittato. Lei ha il dovere di porsi il problema generale di una giustizia degradata ad arma incivile. Con tratti golpistici. Lei non può diventare un pupo che consente alla sinistra di far tutte le parti in commedia. Lo dico per Lei. Lo dico per la sinistra, che si sta disintegrando sotto gli occhi di tutti. Sgomenti pure i miei, che certo non ho mai amato quel gruppo dirigente figlio e padre del Partito comunista. Lo dico perché nel mentre i capponi si beccano, nella perfetta immagine manzoniana, la democrazia è condotta allo spiedo. Lei ha non il diritto, ma il dovere di aggiungere una postilla all’intervista: fermiamo subito questo modo di procedere.

Sappiamo bene che si può farlo solo chiudendo la guerra dei venti anni. Tocca al Pd e al Pdl farlo. Assieme. I due gruppi dirigenti ne moriranno, ma lasciando qualcosa su cui costruire. Altrimenti moriranno lo stesso, ma lasciando solo una palta immonda, nella quale i moralisti senza etica affogheranno continuando a berciare contro l’avversario.

Pubblicato da Libero

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