Giustizia

Colombo e la politica

Colombo e la politica

Il dottor Gherardo Colombo, pubblico ministero presso la procura milanese, ha affermato di sentirsi offeso se di lui si dice che è vicino alle posizioni politiche della sinistra, o che è vicino a D’Alema. Un magistrato, egli sostiene, non può che sentirsi offeso da simili accostamenti. Il dottor Colombo è in errore.

Il magistrato che si limita a fare il magistrato ha tutto il diritto di non volere discutere le proprie convinzioni politiche e di sentirsi offeso da chi, prendendo spunto da questa o quell’inchiesta, vuole etichettarlo politicamente. Ma un cittadino, sia pure magistrato, che passa gran parte del suo tempo a pubblicare libri, articoli ed interviste è, per forza di cose, un soggetto pubblico. E dato che la sua produzione è schiettamente ed eminentemente politica, è ovvio che gli altri hanno tutto il diritto di giudicarlo politicamente ed egli, al contrario, non ha alcun diritto di sentirsi e dirsi offeso.

Abbiamo imparato, sulla nostra pelle, che i magistrati scrittori amano l’elogio ma detestano la critica, avverso la quale, del resto, muovono la forza della toga e ti querelano per diffamazione. Motivo per cui passo questo pezzo direttamente all’avvocato.

Purtroppo non sono in grado di recensire l’ultima fatica letteraria del dottor Colombo, che da un paio di giorni viene annunciata a grandi titoli (il dottor Colombo si è domandato come mai? si è chiesto da cosa gli deriva tanta fama?), di cui si discute come di un evento significativo, ma che, ancora, non è in libreria. Leggerò il libro. Pare che non si trattai di un libro di critica letteraria, né di una raccolta di poesie. Pare che si parli di politica. Ma l’autore non vuole essere giudicato politicamente.

Ci deve essere qualche cosa di sottilmente patologico nel fatto che tanti protagonisti della giustizia detestano essere giudicati.

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