Giustizia

Concorso a Sgarbi

Concorso a Sgarbi

La cassazione ha confermato la condanna a Vittorio Sgarbi, reo di avere offeso il pool antimafia di Palermo, all’epoca capitanato da Giancarlo Caselli, e di averlo fatto insinuando l’ipotesi che si siano svolte “indagini politiche”. Siccome io resto convinto, e credo di avere diverse montagne di prove, che Caselli abbia fatto e faccia politica, ne risulta che devo prendere atto della togata verità: non la faceva indagando.

Mi accingevo a riflettere su questo tema, intenzionato a scriverne, ma sono stato salvato dalla concreta ipotesi di dovere anch’io essere processato (tanto ci sono abituato), e sono stato salvato da un particolare.

Infatti lo sgarbesco articolo incriminato risale al 17 agosto 1998. La sentenza definitiva arriva sempre ad agosto, ma del 2006. Ciò significa che ci sono voluti otto anni. Il caso in esame non richiedeva lo svolgimento di alcuna indagine, partiva da una querela di parte, e doveva solo mettere nel conto la scontata autorizzazione a procedere da parte della Camera dei Deputati. Diciamo che, a volerla fare lunga, si sarebbe potuti giungere al terzo grado di giudizio entro un anno. Ma a volerla fare lunga, perché da un sistema che si definisca civile ci si aspetta che una causa simile, al netto dell’autorizzazione, sia discussa e chiusa in qualche settimana. Invece di anni ne sono passati otto. Più di cinque se ne sono andati per chiudere il primo grado.

Questo processo, dunque, costituisce un caso e fornisce un materiale interessantissimo. Non perché sia un’eccezione, ma perché, all’opposto, è la regola. Potrebbe essere acquisito per intero al Csm ed utilizzato per capire come mai la giustizia italiana ha superato il limite della bancarotta. Il che, me ne rendo conto, presupporrebbe che al Csm interessi qualche cosa di come funziona la giustizia, e sia intenzionato ad adottare quei provvedimenti che possano porre rimedio ai guasti. Infondati ambo i presupposti. Potrebbe anche divenire oggetto di studio parlamentare, in modo da capire cosa si debba riformare per evitare il ripetersi di tali miserandi risultati: Il che, lo so, presupporrebbe che la politica s’occupi di giustizia non per sperare che arrestino l’avversario o per salvare le chiappe all’amico, ma per rendere un servizio al Paese. Che non è neanche un presupposto, ma direttamente una scemenza.

Quindi si potrebbe aprire un concorso: vince chi indovina cosa hanno fatto i magistrati incaricati del caso nel corso di questi otto anni, escluso in partenza che fossero occupati in indagini politiche.

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