Ridurre tutto ad una questione di buone maniere è sciocco, e benché sia evidente che Francesco Cossiga ha agito ignorandole, ciò non toglie che vi sono molte e molte ragioni, nel suo agire.
Egli non è stato sfiorato, bensì investito dal sospetto. Sono state diffuse intercettazioni telefoniche in cui si fa il suo nome, e la diffusione è avvenuta in un contesto di richieste d’arresto destinate a persone, per una ragione o per l’altra, a lui vicine. Eppure Francesco Cossiga, di cui tutti oggi possono pensare che sia stato contiguo ad un’operazione criminale, non risulta essere neanche indagato. Ma c’è di più.
Anche per chi ha ricevuto un avviso di garanzia, anche per chi ha ricevuto una richiesta di custodia cautelare, vale, deve valere, la presunzione d’innocenza. Senza questo, addio civiltà. Ma che n’è di tale presunzione se, senza che neanche l’avviso sia arrivato, già tutti i giornali dispongono e pubblicano i documenti in mano all’accusa? A cosa diavolo serve l’autorizzazione del Parlamento ad intercettare dei parlamentari, se poi gli stessi vengono intercettati mettendo sotto controllo il telefono di altri? Cossiga ha sollevato questi problemi, che sono veri e terribilmente seri.
Troppo comodo scantonare prendendo la scusa delle sue intemperanze verbali, nelle quali davvero non ci riconosciamo, ma nelle quali neanche riconosciamo un buon motivo per ignorare l’allarme lanciato. E’ probabile che egli abbia le sue buone ragioni per sentirsi tradito e per reagire in quel modo, ma speriamo che in lui prevalgano le ragioni della politica e dello Stato, che sappia ricondurre la sua ira nei binari di ciò che può essere utile al Paese, a tutti.