Cortina d’Ampezzo, quest’anno, valeva la pena. Grazie al dottor Piercamillo Davigo, quello che voleva voltare l’Italia come un calzino, e che ora ritrovo nella triste condizione che dirò.
Cortina rimane la perla delle dolomiti. Un gioiello, ma oramai incastonato con alcune pietre stonate: gente che si veste da montagna per andare in Cooperativa a far spese; scarponi chiodati per giungere fino al Posta per l’aperitivo, ove auto e bus parcheggiano in abbondanza; un traffico da far invidia alle metropoli della bassa; una mondanità ricca di legni e scarsa d’ingegni. Per carità: montagne da sogno, e, in inverno, piste indimenticabili (anche per il milione di vetture parcheggiate ai piedi degli impianti). Ma sono uomo del sud, con la zuava mi sento più scemo di quel che sono, se posso evito. Quest’agosto non ho potuto evitare, e sono stato fortunato.
Cortina ha un bel calendario di appuntamenti culturali, e son giunto sulla vetta per uno di questi. Il pomeriggio mi reco al Cortina, elegante albergo centralissimo, che dispone di un bar fornito. L’idea era quella di un aperitivo, invece, mi si è dischiusa la storia. Già, perché all’ingresso vengo accolto da una locandina che reclamizza la mostra delle fotografie elaborate e corrette da Bettino Craxi. Ho già visto la mostra a Roma ed ho già avuto modo di sorridere con amarezza. Craxi non era un artista, ed è singolare che abbia cercato nel figurativo l’espressione di un pensiero che gli veniva negata con la parola.
Entro mesto, pensando a ciò, ed è a questo punto che mi imbatto nel dottor Piercamillo Davigo, uno degli animatori di quella che Bettino Craxi ha chiamato campagna di odio e di persecuzione. Che diamine, penso, possibile che con tanti alberghi proprio qui doveva finire, che debba essere accolto, ad ogni ingresso, dalla non taciturna voce di chi si era tentato di mettere a tacere, di chi ancora urla, dalla tomba, brandendo l’arma della politica contro il buio odioso della demagogia? Che sfortuna, pensavo. A meno che, ma no, non può essere che abbiano messo qui la mostra apposta perché sapevano che egli lui sarebbe giunto. No, la cattiveria ha un limite. Mi deconcentro e mi dedico alla creazione che Fosco Scarselli mise a punto per il suo amico conte Cammillo: il Negroni.
Poi, però, indago (senza neanche avvisare, lo ammetto) e vengo a sapere che il citato rigirator di pedalini si trova colà alloggiato non a spese sue, ma ospite dell’anch’essa citata estate cortinense. Pare assieme ad altri colleghi, anch’essi di grido (di dolore, di terrore, di orrore, fate voi). Non so, il rigiratore mi basta. E mi basta aggiungere che a sostener le spese di tanta cultura all’odor di stella alpina giungono utili i talleri dell’Enel e della Wind, che poi son sempre gli stessi. Vale a dire i dobloni amministrati da un’azienda la cui maggioranza del capitale rimane in mani pubbliche, ed alla cui guida è giunto ora un valente professionista che qualche rivoltamento subì, ai calzini suoi, ma, evviva e rievviva, sopravisse e si calzò daccapo.
Ed eccolo, il nostro indimenticabile addetto alle estremità, con il conto a carico del pubblico e l’ingresso occupato da Bettino Craxi. Si levi il bicchiere, si brindi a tanta mondana disinvoltura, si giubili per tanta, onesta, vera, e greve umanità. L’allegria, anche grazie ai Negroni, era oramai tanta che ho provveduto ad acquistare un completo da provetto scalatore: io da Cortina e dal Cortina non mi muovo, resto ed attendo, come sempre a spese mie.