Giustizia

Dell’Utri bombarolo

Dell'Utri bombarolo

Non conosco personalmente Marcello Dell’Utri, ma, chissà perché, mi ero fatto l’idea che fosse una persona intelligente. Io, però, sono un cittadino modello e prendo per oro colato tutto quello che le procure della Repubblica sostengono: sono magistrati, no? sono lì per far rispettare le leggi, no? non siamo mica il Guatemala, no?

Ebbene, le procure cominciarono ad accusare Dell’Utri di reati che ancora non compromettevano la sua presunta intelligenza. Le false fatture sono una brutta cosa, ma ho l’impressione che la diffusione di tale bruttura sia decisamente massiccia. L’accusa di mafia può sembrar decisiva, ma noi siciliani sappiamo che a parlar fra uomini intelligenti c’è sempre il rischio che il passante ci scambi per mafiosi. Comunque attendevo che la procura, che ha sempre ragione, mostrasse la decisività della accuse.

Ora vengo a sapere che Dell’Utri potrebbe essere accusato di avere collaborato a piazzare le bombe del 1993, bombe di matrice mafiosa. E qui casca l’asino, sì, quell’asino di Dell’Utri. Perché ad un siciliano si possono perdonare molte cose, ma non la cretineria. Quando quelle bombe esplosero, difatti, pensai: fortuna che i magistrati italiani si muovono sulla base d’indagini serie e non credono ai teoremi, altrimenti, ragionando sull’a chi giova, finiscono con l’arrestare il capo della procura milanese. Già, perché quelle bombe furono utilizzate per chiudere la bocca ad ogni civile dissenso dalla moda di ammanettare chiunque. Allora si disse: oh popolo, stai con i difensori del diritto che arrestano i cattivi; oppure con i bombaroli mafiosi che ammazzano i bambini? Il popolo non fece attendere la sudata risposta.

Vengo a sapere, dunque, che quelle bombe le avrebbe messe Dell’Utri. Il quale viene descritto come il braccio destro di Silvio Berlusconi. Il quale ultimo è stato massacrato (salvo sopravvivere a dispetto) dalla procura milanese. Quindi, data per buona la voce che Dell’Utri possa essere indagato per questo reato, ne deriva che delle due l’una: a) è un traditore degli interessi du zu Silvio; b) è uno che non capiva le conseguenze di quel che faceva. Per ipotesi di questo tipo il Tribunale della sicilitudine emette condanne immediate, al massimo della pena, e senza possibilità d’appello.

Leggendo i giornali apprendo che questa faccenda ha anche conseguenze politiche. Alcuni pare che dicano: non daremo il nostro voto a quel candidato alla Presidenza della Repubblica (che è anche presidente del CSM) che non dica, oggi, chiaramente quel che pensa di queste faccende. Pare che la cosa desti scandalo. Allora è vero, penso, che lontano dalla Sicilia l’onorabilità si perse, perché, a ben vedere, scandaloso sarebbe dire : “voteremo alla Presidenza della Repubblica il candidato che ci pare più conveniente, qualsiasi minchioneria dica da qui ad allora”.

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