Giustizia

Diritticidio

Diritticidio

Il delirio legislativo si accinge all’ennesimo diritticidio, mediante l’introduzione dell’“omicidio stradale”. Annunciato da un ministro della giustizia che, pur di parlar d’altro che di sé, è costantemente all’opera. L’annuncio non riguarda una cosa fatta, ma da farsi. Non si sa ancora se per disegno di legge, nel qual caso ne riparliamo con comodo, o per decreto, nel qual caso al diritticidio potrebbe contestarsi l’aggravante dell’efferatezza. E nessuno creda che la cosa si limiti agli automobilisti assassini, perché si tratta di un processo degenerativo da tempo in corso.

La caratteristica dell’assassinio del diritto è questa: interviene sulla mancanza di giustizia non facendo funzionare la giustizia stessa, ma aggiungendo leggi per regolare cose già regolate. Prima dello stalking non è che fosse lecito martoriare le persone per via telefonica, dato che esisteva il reato di molestie. Prima del femminicidio non è che fosse lecito ammazzare le femmine. E prima dell’omicidio stradale non è che sia consentito stendere le persone. L’allarme collettivo non deriva dalla mancanza del reato, semmai della (giusta) punizione. Il che non ha a che vedere con la legge.

Se ammazzi guidando, ove tu non conosca il defunto e non lo abbia fatto apposta, esiste il delitto colposo. Contestando le aggravanti (guida in stato d’ubriachezza, contromano, a velocità eccessiva, etc.) si può arrivare a pene assai severe. E meritate. Il fatto è che il processo arriva dopo anni è l’assassino se ne va a spasso. Magari in macchina. Siccome non è che ci sia da fare chissà quali indagini, per rimediare allo sconcio sarebbe sufficiente dire alle procure che hanno un mese per chiedere il rinvio a giudizio. Poi si tratta di diminuire i tempi del processo, cosa che può farsi non cambiando, ma rispettando la procedura. Invece si fa una conferenza stampa, si annuncia il nuovo reato, si aumenta la pena e si propongono corsie preferenziali. Che sono le strade più dirette verso il diritticidio, giacché tutti i processi dovrebbero essere fatti in tempi ragionevoli. All’assassino al volante puoi farglielo in tre mesi, con tutti e tre i gradi di giudizio.

La diuresi legislativa, inoltre, confonde le acque: è ovvio che stabilire la gravità delle circostanze non spetta alla legge, ma al giudice. Qualche tempo fa un automobilista uccise uno che attraversava la strada in un punto pericoloso, transennato e in cui era invisibile. S’è fermato, ha prestato soccorso e lo hanno portato via disperato. Non va punito, ovvio. Siccome, però, poi liberano il drogato, o quello cui già avevano ritirato la patente, ecco che non ci si affida al giudice, ma al legislatore. Il quale, inoltre, scrive in maniera così prolissa e confusa che al giudice si toglie autonomia in quello che è il suo mestiere, ovvero valutare caso per caso, e gliela si regala in quello che non dovrebbe mai fare: stabilire cosa volesse dire il legislatore.

In Italia abbiamo bisogno dell’esatto contrario: testi unici, chiari, leggibili, ragionevolmente sintetici, e una giustizia che restituisca quel che costa e la pletora di toghe che impiega. Dalla sicurezza del lavoro alla tutela dell’ambiente, dal fisco ai lavori pubblici, dal codice della strada all’edilizia, abbiamo bisogno di sapere cosa è lecito e cosa no. Che per capirlo non si debba assoldare un esperto. Che il non proibito sia consentito. Che chi viola la norma paghi. E abbiamo bisogno che tali testi unici siano stabili nel tempo, non cantieri in continua trasformazione. L’esito del diritticidio è già stato descritto da Alessandro Manzoni, in modo tale da scoraggiare chiunque dall’aggiungere una sola parola.

Il fatto è che, lavorando per il diritto, non si possono fare annunci uno appresso all’altro, inseguendo la cronaca nera con il linguaggio oscuro di norme variopinte e sbrodolose, molte delle quali mai neanche esisteranno. Il micidiale paradosso è che quanti sono responsabili del non porre rimedio alla peggiore giustizia del mondo civilizzato poi ti guardano torvi e ti additano a complice di chi ammazza le donne e i passanti. Sembra incredibile, ma taluni riescono a incarnare, in un colpo solo, l’ignoranza, l’ignavia e l’arroganza.

Pubblicato da Libero

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