Giustizia

Eseguire e non rispettare

Eseguire e non rispettare

Ma quanta, terribile ipocrisia sulla seconda sentenza d’appello che condanna Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro per l’omicidio di Marta Russo.

Non c’è nessuno, fra quanti abbianio seguito quel processo, che attendeva un risultato di questo tipo, e non c’è nessuno che si senta di difenderlo. Si dice e scrive: la sentenza non convince, ma si deve rispettarla. Lo si dice con aria severa e convinta, quasi fosse uno dei fondamenti della civiltà. Ed invece no, manco per niente.

Le sentenze si eseguono, perché non c’è alternativa. Se la Cassazione accerterà la regolarità di questa nuova sentenza, allora le condanne dovranno essere eseguite. Le sentenze si eseguono, ma non per questo si rispettano. Si esegue la sentenza che condanna Adriano Sofri, ma non merita rispetto. Tanto non ne merita che a due anni dal suo essere definitiva c’è mezza Italia che ne reclama la fine dell’esecuzione. Si esegue la sentenza relativa alla strage di Bologna, e si aggrava la condizione di Fioravanti e Mambro. Ma non la si rispetta, perché non furono loro a mettere la bomba.

Basta con queste sacralità ipocrite, basta con gli opportunismi politici. Dopo la nuova condanna di Scattone e Ferraro, in una vienda che non ha nulla di politico, e che, proprio per questo, fa emergere i mali profondi della giustizia, lo hanno scritto tutte le persone dotate di buon senso: occorre mettere mano ad una riforma profonda, ad una rottura della catena degli errori che porta le corti a sentenziare l’illogico.

Ho visto che qualcuno reclama il rispetto del principio secondo il quale si deve condannare solo se l’imputato è da considerarsi colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio”. No, guardate che quelli sono i film americani. Da noi esistono, però, principi che conducono a conclusioni analoghe, e dove persiste il dubbio sulla fondatezza delle prove portate dall’accusa, allora si deve assolvere.

L’abominio è evidente laddove si consideri il fatto che i due accusati hanno già scontato gran parte della pena cui, ancora adesso, dopo anni, non sono stati condannati e che, quindi, basta modulare verso il basso la detenzione complessiva per portare al seguente risultato: Ferraro in galera non ci va più, non ci va Liparota, ci va Scattone, ma per poco. E Scattone sarebbe quello che ha sparato. Una sentenza alla volemose bene: c’è il morto, non c’è il colpevole certo, non c’è l’arma e non c’è il movente, voi in galera ci siete già stati, facciamo pari e patta, non smentiamo i colleghi della procura, e non se ne parla più. Ed è questa la cosa che dovremmo rispettare? Non se ne parla.

I due imputati sono ancora innocenti, se la condanna diventerà definitiva saranno degli assassini che scontano troppo poca galera, in ogni caso la condanna dovrà essere eseguita. Ma rispettata è davvero troppo.

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