Giustizia

Falcone e Pera

Falcone e Pera

Gran polemica, gran risentimento è nato dalle parole di Marcello Pera, a Capaci per ricordare la morte di Giovanni Falcone. Il presidente del Senato ha solo un po’ strappato il velo d’ipocrisia, di menzogna, di viltà, che da anni copre il ricordo di Falcone. Ha solo un po’ rimosso la ritualità mortuaria di quelle commemorazioni fasulle. A Marcelo Pera sono grato.

Per qualche anno, specilamente subito dopo la strage, mi sembrava d’essere rimasto l’unico a coltivare la memoria, di certo non trovavo altri disposti a scriverne e firmare. Perché era una bestemmia, una lesa maestà del giustizialismo imperante e massacrante, scrivere che Falcone era stato ammazzato dalla mafia dopo essere stato sconfitto ed isolato dai suoi colleghi magistrati. Era un azzardo temerario ricordare alle Paciotti ed ai Violante che loro erano stati gli avversari di Giovanni Falcone, loro gli avevano tolto la possibilità di indagare contro la mafia.

Invece loro, gli avversari, si erano impossessati della salma, trasformandola in mito. Avevano proclamato di volerne continuare l’opera (da loro stessi troncata), appoggiandone il tradimento. A scriverlo eravamo pochi, talora neanche quelli.

Ma, poi, la procura di Palermo, si mise in testa di far quello che le procure non possno fare: riscrivere la storia. Provarono, per riscriverla, a processarla. Ed allora, pian pianino, a certuni tornarono alla mente le parole di Giovanni Falcone, i suoi suggerimenti, che della giustizia conosceva uomini e cose. Con il nuovo codice di procedura penale, sosteneva Falcone, si devono separare le carriere dei magistrati: da una parte gli inquirenti, dall’altra i giudicanti. Lasciarli assieme significherebbe inceppare il corretto funzionamento della giustizia. Ed i magistrati, oggi, cosa fanno? Scioperano contro quest’idea, che oltre ad essere di Falcone, è anche giusta, opportuna, urgente.

Ma si offende, la corporazione togata, se si ha l’ardire di mostrare l’evidente contraddizione nella qule si dibattono le parole ed i comportamenti dei suoi componenti. Lesa maestà. Poco male, noi, che alla maestà della giustizia crediamo sul serio, che all’indipendenza dei magistrati crediamo sul serio, facciamo spallucce e tiriamo avanti. Lo abbiamo fatto quand’eravamo soli. Ma soli, soli. Figurarsi adesso, che il presidente del Senato ha trovato le parole per dire che quell’andazzo è da considerarsi finito.

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